Spoiler: in questo articolo non ti racconterò il nuovissimo trend che rivoluzionerà il mondo del marketing. Quello di cui ti sto per parlare è più un approccio insolito, un metodo che ha le sue fondamenta nelle strategie di marketing già consolidate da tempo, ma con un fattore fondamentale che porta queste strategie a un altro livello.
Dopotutto, come diceva il caro e vecchio Lavoisier, nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma.
Questo approccio si chiama Demand Generation, un processo che, come scoprirai leggendo questo articolo, aiuta le aziende B2B ad aumentare il fatturato.
Il significato di Demand Generation
Senza dilungarci troppo con le definizioni, con il termine “Demand Generation” si intende il processo di acquisizione e gestione dei clienti potenziali fino al momento della loro trasformazione in clienti effettivi. Questo tipo di processo si basa, per la precisione, sull’allineamento degli obiettivi tra reparti marketing e vendite (sales team).
La Demand Generation è composta da tre diversi sotto-processi, ognuno con un obiettivo specifico:
- Lead Generation
- Lead Management
- Sales Conversion
Diversi concetti ti saranno sicuramente più che familiari, ma ti consiglio di andare avanti con la lettura per conoscere il vero fattore differenziale di questo approccio.
Perché un approccio Demand Generation?
Per due principali motivi:
- venire in contro al meccanismo di inversione della domanda (spiegherò meglio questo concetto nel prossimo paragrafo)
- risolvere il disallinamento tra reparto marketing e vendite.
Ora lasciami fare un paio di premesse fondamentali per spiegarti bene di cosa stiamo parlando.
Premessa 1: il mercato B2B oggi
Il Business-to-Business è cambiato profondamente nel corso degli anni. La numerosità di canali di comunicazione, dispositivi, applicazioni, come pure le maggiori aspettative dei consumatori, hanno reso il percorso di acquisto più complesso, influenzando in tale senso sia marketing che sales.
Oggi l'utilizzo di Internet ha ulteriormente innalzato il grado di autonomia nella decisione di acquisto, anche per i clienti del settore B2B: chiunque può trovare risposte alle sue esigenze, senza doversi interfacciare con i venditori, che ora non sono più fonti d’informazione essenziali.
Questa tendenza naturalmente continuerà, man mano che un maggior numero di nativi digitali entrerà in ruolo, e via via che essi assumeranno posizioni più decisionali.
Il fatto che i buyer cerchino in autonomia un determinato bene o servizio, però, non significa che siano anche in grado di collegare direttamente la risoluzione dei propri problemi alle caratteristiche che lo contraddistinguono e che lo differenziano dalla concorrenza. Non tutti riescono a capire facilmente quale sia la proposta che risponde al meglio alle loro esigenze in base alle caratteristiche uniche di ognuna, tant’è vero che spesso l’unico fattore differenziale, alla fine, rimane il prezzo.
Nella quasi totalità dei casi non viene comunicato e recepito dal potenziale cliente il valore del prodotto o servizio proposto, il vero fattore differenziale. Per dirne una, quante volte hai letto “servizi a 360°, altissima personalizzazione, qualità al primo posto” - e nulla più - sui siti delle aziende che vendono un determinato servizio?
Bisogna quindi fare un passo indietro, intuire gli obiettivi e i desideri del compratore e aiutare quest'ultimo a capire il valore e il beneficio concreto che deriva dall'utilizzo del prodotto. In altre parole, individuare quegli elementi che fanno saltare il potenziale cliente dalla sedia.
“Personalizzazione alla massima potenza”, inoltre, sarà la parola chiave per ogni venditore e responsabile marketing che prenderà parte nella strategia: ogni persona ha diverse necessità, abitudini e obiettivi, la comunicazione e la trattativa devono seguire il potenziale cliente, non viceversa.
Allo stato attuale, l’obiettivo di ogni azienda deve essere quello di invertire la formula di generazione della domanda; fare in modo che siano gli acquirenti a cercare l’azienda, non il contrario. E poi mantenere le promesse.
Premessa 2: il conflitto tra marketing e sales
Da qualche anno diversi studi hanno evidenziato il problema del disallineamento tra marketing e vendite, una situazione che si traduce in vere e proprie perdite di profitti.
Stando ad uno studio condotto da Aberdeen Group, le aziende con un forte allineamento tra marketing e vendite raggiungono una crescita di fatturato annuale minima pari al 20%. In confronto, le aziende con uno scarso allineamento registrano una diminuzione minima effettiva del fatturato del 4%.
Fonte: Sito web di Aberdeen
Ricapitoliamo un secondo le mansioni di marketing e vendite.
Generalmente il reparto marketing:
- Produce materiale commerciale (brochure, foto, video, catalogo, sito web...);
- Si occupa della generazione di contatti commerciali (organizzazione fiere, strategie di web marketing...);
- Si occupa dell’analisi e della profilazione dei contatti commerciali.
Il reparto vendite, nel frattempo:
- Contatta i potenziali clienti raccolti dal reparto marketing e organizza appuntamenti;
- Genera offerte commerciali e segue il processo di vendita;
- Si occupa di up-selling e cross-selling sul cliente già acquisito.
Ebbene, questo probabilmente è il modus operandi del 99% delle aziende B2B. “Abbiamo sempre fatto così e le cose non vanno male”, dicono i responsabili.
Vero, ma cosa manca per far sì che si ottenga una strategia di vendita davvero efficace e che unisca gli sforzi dei due compartimenti?
Ogni impresa ha bisogno di avere contatti commerciali di alta qualità, ma raramente il marketing e le vendite siedono insieme e definiscono chiaramente le caratteristiche dei contatti con qualità alta e bassa.
Come si possono ricercare dei potenziali clienti di qualità elevata se non si sa a chi devono assomigliare?
Cosa succede a causa di questo conflitto? I clienti potenziali acquisiti, quando sono passati alle vendite, scompaiono dalla vista del marketing, che non ne sa più nulla. Le vendite danno poca importanza a questi nominativi e preferiscono seguire i tradizionali metodi di ricerca. Di conseguenza, il marketing spende budget e tempo per generare i nominativi dei clienti potenziali e, nello stesso tempo, le vendite indirizzano la forza vendita a fare quello stesso lavoro che viene svolto dal marketing.
Il primo passo da compiere? Risolvere una volta per tutte il conflitto tra marketing e vendite, i due “silos” dell’azienda che lavorano in compartimenti stagni.
In che modo la Demand Generation aiuta le aziende B2B ad incrementare le vendite?
Considerati questi due punti di partenza fondamentali, la soluzione sta proprio nella Demand Generation, un processo che, tra le altre cose, mira ad allineare i due reparti chiave che si occupano di generazione e chiusura dei contatti commerciali.
È importante che ognuna delle tre fasi che compongono il processo sia basata su un metodo comune e un lavoro di squadra. Questo è il vero fattore differenziale, in particolar modo nelle aziende B2B.
Entrambi i team lavorano per lo stesso obiettivo finale: massimizzare il numero e il valore degli ordini conclusi. Entrambi i team lavorano per lo stesso obiettivo intermedio: acquisire e gestire il potenziale cliente fino a renderlo pronto per essere contattato.
E quando c’è un lavoro di squadra ben oliato, i risultati si vedono.
Cosa cambia con un approccio Demand Generation?
Introdurre questo processo nelle abitudini già consolidate dei due reparti è più facile dirlo che farlo, non mentirò. Pensa alle figure dei venditori, che generalmente vengono dipinti come poco inclini ai cambiamenti e all’apprendimento di nuove tecnologie (esclusi i venditori che stanno leggendo questo articolo, ovviamente ?). O ai responsabili marketing sempre troppo occupati a rincorrere le ultime trovate per aumentare l’engagement sui social (non me ne vogliate).
Ma una volta compiuto il primo passo, sarà tutto un percorso in discesa.
Detto ciò, quali sono i principali vantaggi che derivano da questo approccio?
Il reparto marketing ha maggiore responsabilità nei risultati di vendita, in quanto:
- lavora per la produzione di materiale utile per le vendite;
- lavora nella definizione di strategie per acquisire contatti commerciali in target per l’azienda;
- produce e pensa alle modalità di segmentazione e coltivazione dei potenziali clienti per renderli via via più caldi nel tempo e renderli più inclini all’acquisto.
Il reparto vendite, parallelamente, prende parte alla stesura della strategia e dei contenuti informativi da proporre e:
- aiuta il reparto marketing trasmettendo informazioni sui potenziali clienti (obiettivi, sfide, obiezioni...) che possono essere utilizzate per il materiale di comunicazione;
- contribuiscono alla costruzione delle buyer personas;
- contatta solo i potenziali clienti effettivamente caldi e pronti alla vendita, evitando uno spreco di tempo, risorse e soldi (specialmente per contatti all’estero);
- lavora per chiudere i contatti caldi al migliore tasso di performance.
Vediamo nel dettaglio come cambiano le tre diverse fasi che compongono la Demand Generation seguendo questo approccio.
1. Lead Generation: acquisire nuovi lead in target
Per prima cosa abbiamo la Lead Generation, che ha come obiettivo l’acquisizione dei clienti potenziali in target con la mia attività. Durante questa fase vengono definite le buyer personas e individuati i migliori canali di acquisizione.
Come avrai pensato all’inizio dell’articolo, la Lead Generation non è nulla di nuovo, ma in moltissimi casi i contatti ottenuti con attività di questo tipo non sono soddisfacenti dal punto di vista del reparto vendite. Sarà capitato sicuramente anche a te di avere accumulato contatti che poi non si sono trasformati in un contratto firmato, vero?
Con un approccio Demand Generation:
è possibile migliorare visibilmente la qualità dei lead acquisiti, poiché hai un feedback diretto dai venditori. Chi meglio di loro sa quali persone in carne e ossa sono le più adatte ad approcciarsi all’azienda e quali sono le tipologie di clienti da evitare?
Vedrai che facendoti aiutare dai sales in fase strategica otterrai lead qualitativamente migliori e più pronti ad essere lavorati con le attività di marketing previste per la fase successiva.
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2. Lead Management: catalogare, gestire e coltivare i potenziali clienti acquisiti con la Lead Generation
Si passa poi alla Lead Management, dove i contatti vengono, appunto, gestiti, ma anche segmentati e coltivati per prepararli all’acquisto.
Tradotto: la base è l’Inbound marketing, più un aiutino dalla marketing automation, che rende automatici i passaggi operativi. In questa specifica fase avvengono la segmentazione degli utenti in base ai propri bisogni e desideri, la diffusione sequenziale di contenuti di valore con una cadenza programmata (Lead Nurturing) e l’assegnazione di un “lead score”ad ogni utente, basato sul tipo di interazioni effettuate.
Una volta scaldati a dovere, i lead più meritevoli di attenzioni (quelli che oltrepassano una certa soglia di punteggio) vengono passati al reparto vendite. Anche qui, però, spesso e volentieri il marketing investe molte energie che poi portano a un buco nell’acqua.
Con un approccio Demand Generation:
il reparto vendite può consigliare al reparto marketing le leve che accendono l’attenzione dei potenziali clienti e i materiali da proporre per fornire tutte le informazioni di cui hanno bisogno per prendere una decisione. In questo modo le possibilità di interessare davvero i potenziali clienti aumentano visibilmente.
3. Sales Conversion: convertire i clienti potenziali in clienti effettivi
E infine la Sales Conversion, la conversione in clienti effettivi. Uno step molto delicato, che generalmente è un “incrociamo le dita”, visto che una volta generati lead in target, ed eventualmente lavorati con attività di marketing, scompaiono alla nostra vista e vengono gettati in pasto al team vendite.
Ora che abbiamo individuato i Sales Qualified Lead e li abbiamo passati al reparto vendite, dobbiamo capire quali contattare per primi. Grazie alla marketing automation abbiamo coltivato i contatti e assegnato loro un punteggio. Abbiamo quindi un'idea più chiara di chi è più pronto ad acquistare, ma è necessario fare un passo in più.
Ci viene in aiuto la cosiddetta “Matrice di Roberge”, che sull’asse delle ordinate mostra i contatti per grado di importanza (Top, Middle, Low) e sull’asse delle ascisse indica il loro status lungo il Conversion Path (Awareness, Consideration, Decision).
Dunque, i potenziali clienti TOP andranno contattati immediatamente, prima che agiscano i competitor. Per questi vale la pena sfoderare il tuo migliore team commerciale e fare anche qualche telefonata in più o accettare un appuntamento a vuoto.
I contatti che sono a metà, MIDDLE, hanno necessità di acquisire una consapevolezza maggiore sulla tua azienda e sui servizi o prodotti che fornisci: lavorali ancora un po’ a livello di marketing. Una volta orientati, però, vale la pena contattarli con qualche telefonata.
I contatti a livello LOW, invece, sono pesci piccoli che non sono ancora fondamentali per la tua azienda. Convincili, piano piano, a livello di marketing finché non sono sicuri di acquistare. A quel punto, entra in gioco il team commerciale.
MQL |
MQL-SQL |
SQL | |
Pesci grossi |
Colpisci |
Colpisci |
Colpisci |
Clienti buoni |
Coltiva |
Colpisci |
Colpisci |
Quelli che fanno brodo |
Coltiva |
Coltiva |
Colpisci |
Che in sostanza suona come:
- Se i clienti sono di quelli che non sono fondamentali, lavorali a livello marketing finché non sono proprio sicuri-sicurissimi di acquistare. Inutile sprecare appuntamenti, colpisci solo quando hanno scelto al 100%.
- Se i clienti sono buoni, lavorali a livello marketing fino a che non acquisiscono consapevolezza sul prodotto e sulle modalità per acquistarlo. Colpisci quando hanno una buona consapevolezza del prodotto e dei criteri per sceglierlo.
- Se i clienti sono spaziali, sfodera il tuo migliore team commerciale. Lavorali in ogni fase, altrimenti il concorrente agirà prima di te. Colpisci appena hai un contatto!
A questo proposito, la matrice di Roberge consente di ottenere un ritorno sull’investimento ottimale.
Con un approccio Demand Generation:
in base alle azioni compiute nella fase precedente (click verso determinate risorse, aperture, interazioni...), i venditori possono condurre la trattativa seguendo una strada più definita. E in più sanno che quel potenziale cliente è veramente interessato e pronto a prendere una decisione, quindi non perdono tempo con persone che non sono pronte per acquistare.
Allo stesso tempo:
il reparto marketing può aiutare i venditori a stendere dei preventivi che, più che dei freddi template “servizio o prodotto offerto + prezzo”, saranno delle vere proposte di valore che comunicheranno efficacemente i veri benefici di una collaborazione con la vostra azienda.
In conclusione
Come detto all’inizio, nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. Siamo partiti da concetti già familiari, a cui però abbiamo aggiunto la spinta in più che farà decollare il fatturato.
Se vogliamo vederla anche in altri termini, quello che si ottiene è una vera e propria integrazione tra la presenza online e offline dell’azienda, con obiettivi, valori e metodi condivisi da tutti.
Nella tua agenzia o nella tua azienda esiste già un approccio simile a questo?
Dimmelo in un commento!
Ringrazio Simona, la mia collega copywriter, per il supporto nella stesura di questo articolo.