La mia campagna di marketing sta andando bene? Genera tante impression e click, il cpc è diminuito del 50% nell'ultimo mese e le conversioni aumentano, ma come posso scoprire quale delle mie campagne generi realmente più revenue?
Vediamo se i classici KPI introdotti agli arbori del marketing digitale di tipo desktop sono ancora validi.
Negli ultimi anni stiamo assistendo all'affermazione di un indicatore in particolare, il ROAS, che non tutti i principali publisher ancora adottano ufficialmente nelle loro metriche di base. Addirittura in Google AdWords è necessario costruirlo manualmente ed inserirlo nella personalizzazione delle colonne.
Ma cos'è nello specifico il ROAS? E, ancora più importante, cosa misura?
ROAS sta per “Return On Advertising Spend”, alcuni tendono a confonderlo con il ROI (Return On Investment), altri hanno dato vita a un acceso dibattito sulla validità dell’uno oppure dell’altro nella valutazione di una campagna oppure di un canale pubblicitario.
Molti marketer preferiscono utilizzare il ROI, una metrica di business, in quanto ancora legati a una visione della pubblicità pre-digital dove con questo termine non si fa riferimento alla pubblicità offline, ma ad una modalità di advertising digitale basata su un unico dispositivo, il caro vecchio desktop.
Con l’avvento delle connessioni cross-channel gli utenti tendono a passare dal desktop a dispositivi mobile di qualsiasi genere. Il modo di fare advertising è cambiato molto, anche solo negli ultimi 5 anni, ecco perché utilizzare metriche ottimizzate per misurare le performance delle campagne.
Chiuso l’excursus relativo al contesto per il quale chiamiamo in causa il ROAS come nuovo KPI, è opportuno dare delle definizioni più o meno accademiche dei due indici.
Il ROI misura il profitto generato da una campagna in relazione al suo costo di investimento e quindi misura la performance di una strategia adottata.
Il ROI rappresenta quindi una metrica di tipo “business centrica”, che cerca di spiegare come una campagna di advertising contribuisce al raggiungimento di un obiettivo aziendale.
La sua rappresentazione classica (e semplice), che tutti conosciamo è la seguente:
dove Utile = Ricavo - Costi, ossia i ricavi al netto dei costi.
Veniamo adesso al ROAS, rappresentato nel seguente modo:
Subito si intuisce che il ROAS misura i ricavi lordi generati da ogni euro speso nella nostra campagna. Quindi, rispetto al ROI, il ROAS è una misura di tipo “advertiser centrica”, capace di misurare l'efficacia delle nostre campagne pubblicitarie.
Potremmo dire che se il ROI misura una strategia aziendale, il ROAS valuta una tattica adoperata nella strategia.
Per il ROAS il marketing come funzione aziendale è un costo necessario al business, mentre per il ROI il marketing è un investimento per la crescita dei profitti aziendali.
Quindi entrambe le metriche vanno utilizzate in tandem per spiegare ed analizzare differenti concetti connessi al business aziendale.
Il modello del ROAS può portare i marketer ad aumentare le spese pubblicitarie su tutti i canali a loro disposizione, cercando così di incrementare quote di mercato e ciò avviene in assenza di una visione orientata al conseguimento di un margine positivo che manterrebbe le offerte e le spese sotto controllo.
Scopri Come scegliere le parole chiave in una campagna di Advertising.
Alcuni publisher oggi spingono il ROAS senza pensare di poter indurre i marketer a sentirsi in dovere di spendere il budget senza veramente comprendere il margine di contribuzione di ogni euro speso in un’attività pubblicitaria e quindi si pensa a non perdere impression senza chiedersi se quelle impression realmente contribuiscano a un ricavo netto positivo. Il ROAS non misura il vero impatto di un canale pubblicitario su un altro, alla stregua delle campagne display su quelle di ricerca, né offre una comprensione della marginalità dell'investimento in euro per i vari media, che invece fornisce il ROI.
ROAS: un'applicazione pratica
Qualcuno a questo punto potrebbe dire che il ROAS sia un KPI un po' come tanti altri, ma al fine di ottimizzare la mia campagna non posso semplicemente considerare il CTR, il CR e il CPA? In parte sì, ma ricordiamo che al pari di qualsiasi attività aziendale, la pubblicità online ha come obiettivo generare reddito per l’impresa e non solo traffico o conversioni. Qui entra in gioco il ROAS.
La tabella che segue potrebbe essere il nostro consueto file excel con il monitoraggio di più campagne:
La campagna 3 ha un CTR più alto delle altre – quindi ha una maggiore capacità di convertire le impression in click – e il CPC più basso. Ottimo.
La campagna 4 ha un CPC altissimo, meglio abbandonarla, ma prima di farlo consideriamo qualche altro dato, anche perché le informazioni di sopra non ci dicono nulla circa la qualità di questi click.
CR conversion rate = Leads / Click *100
CPL costo per lead = Costo / Leads
Un giusto punto di equilibrio tra CR e CPL è dato dalla campagna 3, che presenta il più basso costo per l’acquisizione di un lead o cliente, anche se la sua capacità di convertire click in lead non è alta come per la campagna 1, che presenta comunque un CPL più che doppio.
La campagna 4 ha un CPL altissimo: resta ancora la campagna candidata ad essere silurata per prima.
Return On Advertising Spend: facciamo qualche constatazione
Il CR della campagna 3 è quasi la metà del CR della campagna 1, il che significa che per qualche motivo il traffico della campagna 1 trova nel sito oppure nella landing page qualcosa di più interessante rispetto agli utenti generati dal traffico della campagna 3.
È possibile che il traffico della campagna 3 sia di bassa qualità e che quindi lo siano anche i lead generati da questa, ma come scoprirlo con certezza?
Introduciamo il ROAS.
SR sales rate = sales / click
CPS cost per sale = costo / vendite
ROAS = Revenue / Cost
Subito notiamo che la campagna 3, che genera il maggior numero di click con il più alto CTR e il più basso CPC, presenta un Sales Rate (SR) molto basso, oltre che un ROAS pari a 1,92 e un Cost per Sales alto, pari a €996.
Questo significa che la campagna 3 genera un traffico non di qualità, costituito da clienti che generano poche vendite.
La campagna che sicuramente genera profitto per l’azienda è la campagna 4 con un ROAS molto alto – €8,52 – e un SR pari al 3,7%. Sicuramente il traffico generato da questa campagna è più propenso all’acquisto rispetto alle altre.
Conclusione
Concludendo, l'analisi della redditività e valutazione di una campagna è da sempre oggetto di studio. Per quanto riguarda il ROAS potremmo sostenere che:
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se il nostro ROAS è inferiore al rapporto 3:1 (3€ di ritorno per ogni € investito in ads) è necessario rivedere la campagna perché potrebbe riuscire a coprire solo una parte dei costi sostenuti e quindi è necessario guardare ai vari fattori di ottimizzazione;
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per un rapporto 4:1 ROAS, la campagna genera un profitto ed è opportuno continuare a presidiare la propria posizione sul canale in cui si opera, predisponendo dei flag che possano avvisarci tempestivamente se uno o più parametri stanno variando in negativo.
Sulla scia della diffusione della metrica ROAS, Google ha introdotto tra le varie strategie di offerta per le proprie campagne quella basata sul ROAS, volta a massimizzare il ritorno sull’investimento pubblicitario ovvero Ritorno sulla Spesa Pubblicitaria target. Il loro algoritmo si basa sulla definizione di un target ROAS ad esempio del 60% e automaticamente il sistema imposterà le offerte in modo da ottenere il maggior valore di conversione possibile per il ROAS impostato dall’inserzionista.
Magari tratteremo questo argomento in un prossimo articolo.
Hai ancora qualche dubbio su come calcolare il ritorno dell'investimento di una campagna di advertising?
Scrivilo qui sotto nei commenti.