Il marketing di prossimità o proximity marketing, la tecnologia mobile a un altro livello
Mobile Marketing: chi non lo fa, oggi? Tuttavia, c'è modo e modo di fare marketing sfruttando i dispositivi mobile. Il più semplice, si sa, è quello di rendere i propri siti web responsive, in modo da migliorare la propria SEO presso gli utenti in mobilità e acquisire una fetta importante di pubblico che altrimenti verrebbe regalato alla concorrenza. Quella di rendere i propri siti navigabili anche da dispositivi cellulari sembra oggi essere un'esigenza acquisita, quantomeno da parte delle aziende più accorte: non parliamone quindi oltre.
Un'altra metodologia è quella di fare promozione diretta sui dispositivi mobile: sia puntando direttamente questa tipologia di utenza nel corso della normale navigazione web - e qui penso ad esempio alle cosiddette campagne "Solo Chiamata" di Google Adwords (che però in Italia, mi pare, non siano riuscite a prendere piede quanto meriterebbero) o agli annunci pubblicitari sui social media.
Una terza metodologia, che ha avuto un successo considerevole negli ultimi anni, è stata infine quella di sviluppare delle app aziendali - a volte come di replica in formato ridotto del proprio sito corporate, a volte (fortunatamente) in versione più informativa e pratica, più adatta agli utenti mobile, consentendo loro di risolvere in modo autonomo dei task quali acquistare un biglietto del cinema o leggere un settimanale in formato digitale.
Ciò che ancora si vede poco - nonostante le tecnologie siano disponibili e ampiamente collaudate, e nonostante colossi come Google profetizzino da tempo la diffusione capillare di queste modalità di comunicazione già a partire da quest'anno - è l'utilizzo in funzione di marketing della caratteristica più evidente e più intrinseca dei dispositivi mobile: la prossimità all’utente, ossia il fatto di spostarsi assieme a lui ovunque egli si trovi. Da questa caratteristica, si sviluppa il concetto di proximity marketing.
Vediamo come.
La shopping experience tra online e offline
Già da anni, ormai, si parla di multicanalità e di ibridazione della shopping experience. Pensa, ad esempio, a come si compra oggi un elettrodomestico - ad esempio una lavatrice. Il consumatore visualizza il prodotto online, ne confronta le caratteristiche, si fa un'idea ben precisa dei vantaggi e delle offerte disponibili sul mercato e poi, magari, gira per negozi per osservare e confrontare dal vivo i prodotti "toccandoli con mano".
La scelta del canale d'acquisto, alla fine, sarà frutto di diverse componenti: culturali, di offerta, di disponibilità del prodotto, di convenienza logistica. Il processo che ho descritto avveniva, fino a qualche anno fa, in due fasi distinte:
- a casa o in ufficio, sul computer
- e successivamente dal vivo, nel megastore o nel negozio vicino casa.
Oggi, tuttavia, assistiamo sempre più di frequente a una ibridazione contestuale di canali: mentre sono in negozio apro il sito web del produttore sul mio smartphone per verificare le caratteristiche del prodotto che sto osservando, o un sito comparatore di offerte per verificarne la convenienza. Insomma, volendo spiegare il fenomeno con altri termini, potremmo dire che il consumatore mediamente evoluto, oggi, anche quando ha i piedi nel negozio mantiene la testa - e l'attenzione - online, in modalità mobile, sul proprio smartphone o tablet.
Dal punto di vista dello store, ovviamente, questa situazione rappresenta una potenziale minaccia, poiché di fatto risolve ancora una volta l'equilibrio delle forze a vantaggio dell'online, che ha sicuramente un maggior appeal e una più grande capacità di catalizzare l'attenzione dell'utente, distogliendolo dall'acquisto immediato in-store.
Come può lo store offline portare questa situazione a suo vantaggio? Sfruttando il marketing di prossimità.
Proximity marketing: un nuovo approccio per gli store
Per ovviare a questa criticità, volgendola a proprio favore, per lo store offline non c'è che un rimedio, evidentemente: far sì che l'attenzione del consumatore sia catalizzata verso un unico brand, quello dello store stesso. Non a caso, negli Stati Uniti e in Europa molti store si sono dotati di applicazioni brandizzate che dovrebbero contribuire a mantenere il cliente all'interno del negozio per completare i propri acquisti.
Tuttavia, la vera sfida (e l’unica possibilità di sfruttare pienamente il potenziale del proximity marketing) non è tanto nel creare delle applicazioni mobile: è nel renderle davvero efficaci. Per perseguire questo obiettivo, a mio parere, c'è solo una strada: quella di creare engagement fornendo al cliente qualche forma di valore aggiunto, fortemente correlato e pertinente con i prodotti che l'utente sta valutando in quel preciso momento. Sto parlando, lo avrai capito, di content marketing di prossimità.
La tecnologia dietro al concetto di prossimità
Per i pochi che non lo sapessero, quando parliamo di proximity marketing, o marketing di prossimità, parliamo della capacità tecnologica di costruire delle applicazioni mobile che siano in grado di reagire dinamicamente a degli stimoli ambientali dettati dalla posizione in cui si trova lo smartphone del cliente.
Attualmente, la tecnologia più utilizzata per fornire questo tipo di stimoli è l'emissione di segnali continui mediante il protocollo bluetooth (lo stesso, per intenderci, che connette i nostri cellulari al vivavoce della nostra auto o allo stereo di casa). Per ottenere questo scopo, si utilizzano dei piccoli congegni - grandi più o meno come una scatola di fiammiferi - chiamati beacon.
I beacon, dispositivi che trasmettono un segnale di prossimità attraverso il sistema bluetooth
I beacon - fari, in inglese - sono appunto dei piccoli dispositivi alimentati a batteria che emettono un segnale costante in un raggio che varia dai pochi centimetri a qualche decina di metri. Questo segnale può essere raccolto da una app abilitata installata sul dispositivo mobile e utilizzato come interprete per segnalare alla app stessa che si trova in prossimità di una determinata posizione.
A quel punto, il software deve reagire in modo preordinato: aprendo la scheda prodotto di una determinata lavatrice, per rimanere nell'esempio di poco fa.
Il content marketing applicato alla prossimità
Si tratta di una tecnologia con diversi anni alle spalle, ormai, e che ha trovato applicazioni in molti settori, come ad esempio la domotica. In ambito marketing, il ruolo dei beacon è evidentemente quello di connettere il cliente al punto vendita.
Ma non basta.
La reale efficacia del proximity marketing sta infatti nella sua capacità di fornire valore aggiunto all'utente che si trova presso un determinato prodotto o in un luogo significativo dello store. Valore aggiunto che, nel contesto digitale attuale, significa soprattutto una cosa: informazione.
È in questo contesto che entra in gioco il content marketing, nella sua accezione più classica di tattica di generazione di contenuti di valore in grado di interessare il pubblico target e spingerlo - direttamente o indirettamente - verso la conversione. Dal punto di vista delle imprese commerciali, il passaggio al content marketing di prossimità, di cui ho parlato anche recentemente nel mio blog, implica evidentemente un salto culturale.
La creazione di una strategia di proximity marketing deve avvenire con l'assunzione strategica che il mobile marketing si concentra sul miglioramento della shopping experience. Si punta alla generazione di engagement con la app mobile, attraverso il delivery di informazioni di valore pertinenti con i prodotti che l'utente sta osservando in quel momento.
Il cliente che approccia il settore lavatrici del nostro store, insomma, dovrà poter trovare non solo schede tecniche comparative dei diversi modelli, ma anche risposte alle sue domande più tipiche relative alla tipologia di prodotto, ad esempio informazioni sui modelli provvisti di asciugatrice integrata, consigli sulla scelta della classe di peso o su come utilizzare al meglio l'impostazione manuale della centrifuga.
Non è tutto.
Uno degli aspetti più interessanti del proximity marketing mobile è infatti quello di poter portare l'ibridazione dei canali al massimo grado, guidando il customer journey e rendendo l'esperienza utente nel negozio fisico molto simile a quella della shopping experience in un e-store. Un servizio clienti in linea, la possibilità di creare user generated content in prossimità dei prodotti, l'esposizione sulla app di prodotti correlati con quello che si sta osservando (le pastiglie anticalcare per la nostra lavatrice, insomma) e la possibilità di creare instant offers contestualizzate, coupon e buoni sconto digitali da utilizzare in cassa al momento del check-out.
Questi sono solo alcuni esempi di come si possa utilizzare il proximity marketing attraverso una app di prossimità per creare un coinvolgimento del cliente nel punto vendita, costringendolo a una immersione totale e priva di elementi di distrazione, a cui seguirebbero derive verso i siti e le applicazioni dei competitor.
Per questo, evidentemente, va costruita una strategia di marketing ad hoc, che parta dall'analisi del tipo di attività commerciale e dal profilo tipico dell'utenza per creare risposte significative ai bisogni normalmente espressi dai clienti nel corso della loro visita nello store. In questo modo, sarà possibile raggiungere il nirvana di qualsiasi attività commerciale, sia essa online o offline: il punto in cui non solo si conclude una vendita, ma si crea una relazione stabile e significativa tra store e singolo cliente.