Catene di Redirect: i problemi a cui potresti andare incontro
Spesso quando si effettua un audit SEO si presta molta attenzione agli aspetti prettamente contenutistici del sito, al corretto targeting delle keywords, alla presenza di eventuali pagine duplicate o anche al profilo link del sito. Ci sono però alcune considerazioni che riguardano le performance web di un sito che molto spesso passano in secondo piano.
Nello specifico, l'argomento in questione riguarda le catene di redirect.
Site Audit tool di SEMrush
Quando si effettua un cambio di url o una migrazione di template, è sempre corretto reindirizzare la pagina che non esisterà più a quella nuova di destinazione. Dovremmo ormai tutti sapere bene come i redirect gestiti correttamente sono quelli che fanno puntare la pagina di origine alla sua nuova esatta versione.
Quando, ad esempio, vengono gestiti cambi di template, un errore molto comune è quello di redirectare molte pagine che magari non trovano più corrispondenza nella nuova versione del sito, direttamente sulla homepage.
errori Soft 404 (riportati poi in Google Search Console). In questi casi, meglio far rispondere queste pagine con un codice di stato 404 o 410.
Il problema delle catene di redirect si pone nel momento in cui, per determinati siti, sono stati effettuati numerosi cambi di template, o modifiche alla struttura delle url, o migrazione delle url in https, magari anche gestite bene dal punto di vista della correlazione tematica e dal punto di vista della tipologia di redirect (301 per le modifiche permanenti) ma che però arrivano a causare delle vere e proprie catene, che iniziano a non piacere più al motore di ricerca.
Che cosa fanno le Catene di redirect?
Prendiamo ad esempio un sito di grandi dimensioni, che in circa una decina di anni di attività si sia ritrovato a cambiare la struttura delle url per i seguenti motivi:
- Url rewriting a cui segue redirect 301 per rendere statica e keyword rich la url (prima era dinamica).
- Url rewriting per eliminare le maiuscole o eventuali numeri nella struttura delle url.
- Redirect 301 per portare le url in https.
- Potrebbero sorgere anche altre condizioni.
Cosa accade esattamente nel rapporto tra Bot e Server?
Accade più o meno quanto si vede nel grafico qui sotto.
Ogni livello della catena di redirect chiede al server uno sforzo in più, allungando il tempo che intercorre dalla richiesta della pagina fino alla sua restituzione, quando cioè la pagina restituita (al bot o all'utente) restituisce un codice di stato 200.
Come possiamo immaginare, questo potrebbe incidere negativamente sulle prestazioni SEO, in quanto il tempo di risposta del server aumenta e ogni livello di redirect aggiunto alla catena diminuisce potenzialmente il link juice che viene trasferito dalla risorsa originaria a quella che restituisce uno status code 200.
Inoltre, anche se non è certo, sembra che il bot inizi a non seguire più i redirect oltre i due livelli di una catena e, molto spesso, situazioni del genere sono causa proprio degli errori Soft 404.
Diventa dunque importante capire se un sito si porta dietro una serie di redirect, individuarli e correggerli, affinché la catena composta da più "anelli" sia ricostituita da un solo anello.
Ogni url originaria di un sito dovrebbe puntare direttamente a quella finale, per fare in modo che la link juice sviluppata sin dalle origine venga trasferita alla struttura delle url attuali e che il server non si sovraccarichi.
Dovremmo dunque favorire una struttura come quella dell'immagine che segue.
Come individuare e correggere le Catene di redirect
Considera che un'analisi piuttosto dettagliata dei redirect attivi all'interno della versione online del sito è possibile averla anche attraverso il Site Audit di SEMrush, che fornirà anche il livello di profondità di crawling del redirect e la tipologia di redirect presente. Eventualmente è possibile visionare anche altre informazioni, come se quelle url redirectate hanno dei link in entrata.
Se invece intendi eliminare redirect attivi a partire da precedenti versioni del sito, dovrai fare qualche step in più. Individuare e correggere le catene di redirect non è sempre facile, soprattutto se non disponiamo di "memoria storica" del sito, inteso come possibilità di analizzare precedenti template (e loro struttura url) o dati provenienti da Google Analytics, quando il codice di monitoraggio non è stato modificato al passaggio di un nuovo template.
Nella migliore delle ipotesi, quello che ci interessa è risalire alla struttura url originaria del primo template, quella cioè, pre-migrazione. Per farlo sarà necessario accedere ai nostri dati di Google Analytics, impostare un data range precedente alla prima migrazione della struttura url e analizzare il report delle landing page.
A questo punto potremo scaricarci l'excel delle prime 500 url.
Se vogliamo avere già un'idea di base sui livelli di redirect che la url attuale si porta dietro, potremo usare un ottimo strumento gratuito come Http Status Code Checker che ci dirà già se sono attivi più livelli di redirect.
Se invece si ha necessità di fare un audit più dettagliato su una parte più ampia della vecchia struttura del sito, sarà necessario utilizzare un altro tool che tutti i consulenti SEO dovrebbero conoscere e utilizzare, Screaming Frog.
Nel momento in cui si aprirà il file excel bisognerà aggiungere la parte mancante alle url scaricate (la root). Per farlo, sarà sufficiente copiare su un'altra colonna la root del sito e unirla alle url scaricate utilizzando la funzione Excel "Concatena".
Step successivo, prima di importare le url in Screaming Frog, è quello di incollare le url intere appena generate con Excel in un tool di text editor, come il Blocco Note, e salvare il file in formato .txt. Screaming Frog sarà utilissimo in quanto presenta già la possibilità di ottenere un report dettagliato sulle catene di redirect, importando un file testuale.
Per procedere per step, impostiamo il crawler in modalità "lista". Nelle configurazioni dello Spider, accertiamoci che sia settata la profondità di scansione su 0, altrimenti il crawler scansionerà l'intero sito.
Dopo di che, si potrà procedere con la scansione e con il download del report "Redirect Chains".
Il Report di Screaming Frog ci dettaglierà tutti gli anelli della catena dal primo all'attuale url, evidenziando il numero di catene. Questo report sarà inoltre utile per comprendere se ci sono url che redirezionano ad altre url non correlate, o alla homepage (tutti casi che potrebbero dare origine a errori Soft 404 e pagine che redirezionano a pagine 404, pur avendo la loro pagina corrispondente).
Ci permetterà inoltre di sapere se sono attivi Loop di Redirect, situazione che si presenta quando una o più url hanno redirect su altre url che non restituiscono uno status code 200, ma altri redirect.
Il file .htaccess e il file web.config
Una volta individuate le catene di redirect, bisognerà puntare ad intervenire soprattutto su quelle che hanno diversi anelli e correggerli. Per farlo, bisogna impostare regole corrette nel file .htaccess se il sito è in ambiente Linux, diversamente bisognerà agire nel file web.config per i siti che lavorano in ambiente Windows.
Hai capito l'importanza di intervenire tempestivamente sulle catene di redirect?
Se hai qualche dubbio o hai bisogno di un chiarimento, scrivilo nei commenti!