Link Dofollow Vs Nofollow: segnali e conseguenze

Monica Brignoli

mag 16, 20185 min di lettura
Link Dofollow Vs Nofollow: segnali e conseguenze

In una strategia SEO, la link popularity è un elemento da non ignorare: nell’economia del posizionamento di un sito web risulta un fattore di notevole rilevanza. La quantità, ma soprattutto la qualità e l’attinenza dei collegamenti ipertestuali in ingresso, infatti, aiutano, insieme ad altri fattori, a conquistare buone posizioni su Google.

Ma questo vale nel caso dei link nofollow?

I link non sono tutti uguali, la loro natura viene definita mediante l'utilizzo di un attributo “rel”, che può essere di due tipologie: dofollow o nofollow.

I link dofollow sono per natura la tipologia di link più utile ai fini SEO, poiché sono in grado di trasferire valore e questo fattore, agli occhi di Google conta come un feedback di qualità verso il sito linkato. Un link dofollow, quindi, apporta rilevanza al sito verso cui viene diretto e nonostante sia soltanto uno dei fattori utili per il posizionamento, per Google ricevere backlink di questo tipo è ancora fondamentale.

Molti credono che i link dofollow siano caratterizzati da un qualche attributo al pari del nofollow. In realtà non esiste alcuna specifica in questo senso: l’attributo rel=dofollow non va impostato manualmente, è già presente di default in ogni link che punta verso l’esterno.

L’attributo rel=nofollow, invece, è un tag HTML (non standard) che, applicato ad un link, indica ai motori di ricerca di non seguire la risorsa linkata e di non darle peso in termini di posizionamento.

Per applicare il nofollow ad un link basta inserire questo codice HTML sul singolo collegamento:

<a href=”URL” rel=”nofollow”>ANCHOR TEXT</a>

Per molti anni Google ha utilizzato un algoritmo chiamato PageRank per stabilire la popolarità delle pagine web. Questo algoritmo stabiliva l’autorevolezza di una pagina unicamente attraverso il numero di backlink che puntavano ad essa da altri siti web. Il valore del PageRank era visibile all’utente.

Fare SEO in quel periodo, perciò, significava mettere in pratica tecniche Black Hat allo scopo di manipolare quel valore, e per farlo si acquisivano link in qualsiasi modo possibile, anche spammando in maniera massiva altri siti ed inserendo link all’interno dei commenti dei blog, nei forum o anche nei grossi portali come Wikipedia.

Dal 2005 le principali piattaforme di blogging (Google, Yahoo e Microsoft) hanno iniziato ad utilizzare l’attributo rel=nofollow per prevenire lo SPAM derivante dai singoli articoli. Google poi ha suggerito, o meglio intimato, di utilizzare il nofollow per contrassegnare anche i link a pagamento. Google infatti penalizza le attività di link building che mirano a manipolare i risultati di ricerca.

Esistono diverse correnti di pensiero riguardo all’utilità dei link nofollow. Molti sono convinti che questa tipologia di attributo sia totalmente inutile ai fini della strategia SEO, ma Google continua a considerarli dei fattori positivi, giacché qualsiasi backlink è un segnale di qualità che prova che qualcun altro considera quel contenuto importante. 

Riguardo ai link nofollow Google afferma:

“In general, we don’t follow them. This means that Google does not transfer PageRank or anchor text across these links. Essentially, using nofollow causes us to drop the target links from our overall graph of the web. However, the target pages may still appear in our index if other sites link to them without using nofollow, or if the URLs are submitted to Google in a Sitemap. Also, it’s important to note that other search engines may handle nofollow in slightly different ways.”

Insomma, se è vero che rappresentano segnali deboli, i link nofollow sono pur sempre indizi della nostra presenza sul web. Forse il “segreto del loro successo” sta proprio nel fatto che portino visite dirette da un altro sito in topic.

Facciamo un esempio pratico:

Poniamo il caso che un utente stia leggendo un articolo di moda all’interno del suo blog preferito e veda un anchor text alla fine del testo, come in questo caso:

Esempio: Anchor text link dofollow

Sicuramente l’utente non andrà mai a controllare se il link sia dofollow o nofollow. Ma sarà consapevole che l’autore abbia ritenuto utile inserire il link nel suo sito, che se considerato rilevante e attinente al contenuto dell’articolo sarà meritevole di essere cliccato. 

Anche i link nofollow perciò hanno dei vantaggi:

  1. fanno arrivare al sito un traffico maggiore da referral;

  2. portano pubblico interessato e potenziali clienti verso il brand;

  3. permettono di non incorrere in una penalizzazione;

  4. potenzialmente possono far aumentare i profitti, come conseguenza dei primi due punti.

Quel che mi è sembrato di riscontrare durante la mia esperienza è che i link nofollow abbiano un qualche effetto positivo finché sono freschi, quindi pubblicati nel breve periodo, mentre quelli senza attributo producano risultati più a lungo termine, in particolare se linkati da siti autorevoli.

Quando è necessario usare il rel=nofollow?

L'utilizzo dell’attributo nofollow è fondamentale in almeno 6 situazioni:

  1. quando linkiamo un sito di un settore completamente diverso dal nostro core business;

  2. quando linkiamo un sito inaffidabile o in odore di penalizzazione;

  3. quando linkiamo un sito che ha un DA ed un PA molto più bassi rispetto al nostro;

  4. quando linkiamo una pagina inutile per il Bot di Google;

  5. per evitare la penalizzazione in caso di link puramente commerciali;

  6. per evitare un eccessivo annacquamento della propria Link Juice.

Inoltre, il nofollow andrebbe utilizzato di default su contenuti generati dagli utenti, come ad esempio i commenti. Spesso, infatti, si tratta di SPAM che, non apportando valore alla discussione perché creato con l’unico fine di avere un link in ingresso (i CMS come WordPress solitamente prevedono questa opzione di base), non deve essere seguito.

Come verificare se un collegamento è nofollow o dofollow?

Ci sono diversi modi per verificare il tipo di link:

  1. Cliccare con il tasto destro sul link per ispezionare l’elemento. Apparirà la stringa di codice HTML relativa al collegamento. Nel caso dell’articolo citato in precedenza:

    Codice anchor text link dofollow

  2. Utilizzare apposite estensioni per Firefox e Chrome. Per Firefox è possibile installare SEO Quake o Nodofollow. Per Chrome, invece, si può provare: NofollowSimple.

Conclusioni

Nel momento in cui creiamo o riceviamo un link, questo può essere dofollow o nofollow e la differenza tra l’uno e l’altro consiste nell’indicare a Google di passare parte del suo link  al contenuto linkato. Nel caso di link dofollow, indichiamo a Google che il contenuto linkato è rilevante e vi trasferiamo parte della nostra link juice. Questi link sono sempre positivi per le pagine a cui puntano, a meno che il sito di origine non sia penalizzato o appartenga ad un altro settore. D’altro canto, l’attributo rel=nofollow indica a Google che quel contenuto non è rilevante.

Gli attributi sono utilizzati con fini e scopi differenti, ma anche se in tanti non saranno d’accordo con questa affermazione entrambi, a loro modo, possono essere utili ai fini dell’attività SEO. Ovviamente Google non è stupido, e per questa ragione ogni backlink conseguito dovrà essere il più spontaneo possibile: benché i link dofollow abbiano un peso maggiore dei nofollow, una struttura di link ottimale e quindi naturale, dovrà prevedere un buon equilibro tra gli uni e gli altri.

Leggi i risultati della nostra ultima ricerca sugli Errori SEO più comuni che riguardano i link.

Sono curiosa di scoprire la tua opinione al riguardo.

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Monica è una Senior SEO Specialist da sempre appassionata al mondo della scrittura e della cultura digitale. Al termine di un percorso di studi artistico-letterario, inizia a lavorare all'interno di una web agency di Bergamo, occupandosi di numerosi progetti di successo. Dopo quattro anni entra a far parte del team SEO della Fattoretto Agency, un’agenzia Seo & Digital PR specializzata in e-commerce. Nel tempo libero si dedica alla scrittura creativa per diversi blog di settore e partecipa come relatrice o docente alle conference italiane dedicate al web marketing. Scopri i suoi articoli!