Filter bubble (in italiano “bolla di filtraggio”) è un termine coniato da Eli Pariser nel 2011 e designa l'effetto generato dal sistema di personalizzazione dei risultati di ricerca.
All'interno del libro The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You, Pariser sosteneva che la maggior parte degli utenti è isolata intellettualmente in una bolla culturale ed ideologica, di conseguenza sente solo opinioni con le quali è d’accordo e trova consigli che sono perfettamente in linea con i propri gusti e le proprie certezze, faticando ad avvertire punti di vista differenti.
Per verificare e dimostrare la reale esistenza di queste bolle, Pariser fece fare una ricerca ad un gruppo di amici e i risultati furono sorprendenti: sebbene ci fosse una certa somiglianza tra le Search Engine Results Page (SERP), alcuni soggetti notavano un maggior numero di risultati legati ad un particolare avvenimento, che stava avvenendo nel Paese proprio in quel periodo, e con tutta probabilità questo fenomeno era dovuto alla vicinanza ideologica dei soggetti a quella determinata ricorrenza.
Se internet doveva essere un luogo dove chiunque poteva avere libero accesso a tutte le informazioni necessarie, come siamo arrivati a questa situazione?
Negli anni successivi alla diffusione del web, effettivamente, tutte le persone che utilizzavano la rete di ricerca avevano la facoltà di consultare qualsiasi pagina presente nell'archivio, ma da qualche anno, alcuni motori di ricerca (come Google) e social network (come Facebook), hanno iniziato a mostrare risultati diversi a seconda di chi sta effettuando la ricerca. Questa personalizzazione viene fatta sulla base della pertinenza con la posizione, l’orario, la cronologia di navigazione e le interazioni effettuate dall'utente in precedenza.
A primo acchito ciò potrebbe sembrare positivo: Mafe de Baggis ha affermato che un contenuto personalizzato potrebbe salvare gli utenti dal fenomeno dell'overload informativo. Il vero problema, però, non consiste nella personalizzazione dei risultati di ricerca, ma in un errore nel sistema di filtraggio.
L'esperto di effetti sociali Clay Shirky affermò che i filtri possono causare la graduale irreperibilità delle diverse fonti a disposizione in rete. In questo modo le persone rischiano di rimanere intrappolate all'interno di gruppi con ideali identici tra loro, creando le cosiddette "camere dell'eco".
Ecco perché alcuni esperti riconducono inattese svolte politiche, come la vittoria di Trump, alla filter bubble.
All'interno della cerchia dei liberali non c'erano stati segnali di interesse nei confronti del candidato repubblicano e i giornalisti non hanno fatto altro che condividere questa opinione attraverso i mezzi di comunicazione di massa.
The filter bubble pushes us in the opposite direction, it creates the impression that our narrow self-interest is all that exists. And while this is great for getting people to shop online, it’s not great for getting people to make better decisions together.
Le echo chambers non hanno un'origine recente, inizialmente questo termine si riferiva ai media tradizionali. Rispetto ad allora, i meccanismi sono meno evidenti: non tutti sanno che i maggiori sistemi pubblicitari sfruttano i comportamenti degli utenti per indirizzarli verso prodotti o servizi che ritengono a loro più affini. Per fare in modo che non venga mai a mancare la libertà di espressione, cerchiamo di non sottovalutare questo fenomeno!
DuckDuckGo studia il fenomeno della filter bubble
Google ha dichiarato di aver ridotto il fenomeno della filter bubble, tuttavia DuckDuckGo ha rivelato che il colosso di Mountain View continua a personalizzare i risultati di ricerca degli utenti, tramite uno studio che ha coinvolto 87 volontari degli Stati Uniti, a cui è stato chiesto di cercare gli stessi termini di ricerca, ovvero "controllo delle armi", "immigrazione" e "vaccinazione", ad un’ora prestabilita (domenica 24 giugno 2018 alle ore 21:00), inizialmente in modalità anonima e senza il login all’account Google, e successivamente in modo normale.
Per approfondire leggi: Measuring the "Filter Bubble": How Google is influencing what you click
Questa ricerca ha restituito 62 set di risultati di ricerca diversi, ma quello che ha principalmente stupito è stato che la maggior parte dei partecipanti al test ha visualizzato risultati unici ed esclusivi indipendentemente dal fatto di navigare normalmente o in modalità privata. Ecco alcuni dati emersi dallo studio:
Ma, se i propri dati personali sono disattivati, non bisognerebbe notare una variazione di risultati così evidente!
La maggior parte delle persone pensa che effettuare il logout
e affidarsi alla modalità incognito offra una qualche forma
di anonimato, ma in realtà i siti web utilizzano gli indirizzi IP
ed il fingerprinting del browser per identificare l'utente.
Ovviamente Google ha contestato i risultati di questo sondaggio affermando che ci sono una serie di fattori che potrebbero aver influenzato i risultati della ricerca di DuckDuckGo, tra cui ad esempio il tempo, la posizione e la "contestualizzazione", variabili che in realtà sono state prese in considerazione dal sondaggio.
Non dimentichiamoci che DuckDuckGo è un diretto concorrente di Google, di conseguenza avrebbe tutti gli incentivi per mostrare alle persone la sua inattendibilità.
Per capire la validità di questo studio ho provato a fare anche io un piccolo test. Non ho notato una discrepanza come quella evidenziata dall'esperimento esposto, tuttavia mi è capitato di rilevare alcune differenze significative, anche durante la ricerca in modalità anonima.
Bolla di filtraggio: alcune tesi sono messe in discussione!
Non tutte le persone credono alla teoria della bolla di filtraggio, ci sono state anche alcune voci di disapprovazione, sostenute dalla Ricerca Accademica. Vediamole insieme:
1. Le piattaforme online acuiscono il fenomeno della filter bubble
È vero che il sistema di personalizzazione attuata dagli algoritmi indirizza l'utente verso determinati risultati, tuttavia, secondo uno studio dell' Università del Michigan, gli utenti vengono messi anche davanti a notizie che non li riguardano così da vicino, ma ciò non significa che gli utenti siano sempre disposti ad ascoltarle. Secondo il fenomeno dell'attenzione selettiva, infatti, l'utente tenderebbe ad ascoltare solo i pensieri che confermano le proprie posizioni, ignorando il resto.
2. I social network accrescono il fenomeno della bolla di filtraggio
Secondo uno studio riportato nel Digital News Report 2017 di Reuters, emerge che la maggioranza degli utenti, per la lettura di notizie, predilige i classici portali mainstream come il New York Times e Fox News, rispetto ai social network. Inoltre, nel 2013, i ricercatori dell'università di Oxford hanno studiato le modalità di lettura delle notizie da parte della popolazione americana, scoprendo che le fonti con opinioni politiche maggiormente differenti, in realtà, sembrano proprio essere i social media.
Siamo noi i diretti responsabili per il restringimento del nostro orizzonte cognitivo, comunicando implicitamente all'algoritmo le informazioni che gradiremmo ricevere, tramite le nostre interazioni nello spazio virtuale.
3. La filter bubble è determinata dall’opinione pubblica
I social network potrebbero sicuramente migliorare i loro algoritmi, limitando la propaganda e tutelando gli utenti da odio e diffamazione, ma non potrebbero in alcun modo evitare raduni, o la comunicazione di determinate teorie che potrebbero diffondersi tra gli utenti: l'opinione pubblica che c'è sempre stata, la differenza sta nel fatto che ora si diffonde tramite piattaforme che prevedono un gran numero di interazioni "live".
Come informarsi, evitando le bolle di filtraggio
Chi desidera informarsi liberamente, ascoltando opinioni contrarie alla propria, può farlo tranquillamente. Come? Innanzitutto, cercando di utilizzare il maggior numero possibile di mezzi e fonti diverse per informarsi, come ad esempio l'utilizzo dei migliori aggregatori di notizie come Squid, OKnotizie, Digita e Reddit.
Sui social network, invece, si potrebbero iniziare a seguire pagine differenti dai propri gusti o opposte alle proprie opinioni, in modo da poter ricevere una più ampia gamma di informazioni.
Anche la rete offre diversi strumenti che permettono una ricerca libera e consapevole: i motori di ricerca Qwant, Unbubble, Gibiru, promettono di non raccogliere o valutare informazioni sul comportamento dei ricercatori, lo stesso vale per DuckDuckGo. Infine ci sono estensioni, come StartPage, Privacy Badger e Trackblocker, che aiutano a evitare il monitoraggio del comportamento di navigazione degli utenti.
Come sfruttare le bolle di filtraggio per creare una strategia vincente
Una delle più grosse sfide del marketing e della comunicazione digitale è di riuscire a “penetrare” nelle bolle di filtraggio. Il vantaggio, infatti, potrebbe essere quello di un grande potenziale di conversione.
Per individuare le nicchie di utenti interessati e capire come il nostro prodotto potrebbe intervenire per risolvere le problematiche dei consumatori, occorre innanzitutto avere una forte brand awareness, ma anche studiare dubbi e domande del proprio target.
Il primo passo da fare, quindi, potrebbe essere quello di fare una ricerca delle parole chiave in target, per capire quali sono le keyword potenziali che potrebbero essere utilizzate per posizionare i propri prodotti (a tale scopo è utile l’utilizzo di strumenti quali SEMrush e di Answer the Public).
In secondo luogo, grazie a software come Buzzoole e BuzzSumo, si potrebbero individuare i gruppi di discussione in linea con il proprio prodotto, dove far penetrare la strategia di comunicazione. In questo modo saremo sicuri di indirizzare la nostra stategiai al giusto target di persone, evitando l'interferenza delle bolle.
E voi che idea vi siete fatti al riguardo?
Qui potete farmi sapere qual è la vostra opinione, se vi sentiti effettivamente costretti in una bolla di filtraggio e come pensate di agire al rispetto.