Web Analytics: metodo olistico per una strategia efficace

Fabio Piccigallo

dic 07, 20157 min di lettura
Web Analytics: metodo olistico per una strategia efficace

Analitica web: perché un approccio integrale ai dati

Quello dell'approccio ai dati di analytics rimane, ad oggi, uno dei grandi misteri gloriosi con cui hanno a che fare aziende e web agency nel corso della propria attività di marketing.

Lo dico senza spocchia, ma con la sicurezza di chi osserva, interagisce e parla quotidianamente con clienti alle prese con siti web e campagne di marketing: almeno il 90% dei siti web italiani è gestito senza alcuna strategia di approccio ai dati di web analytics. 

Come dire, senza alcuna idea su come pianificare, gestire e implementare tanto l'attività di acquisizione di nuovo traffico, quanto il percorso di conversione che dovrebbe trasformare il traffico in nuove vendite o nuovi lead.

Come fare una web analytics?

La web analytics analizza tutti gli aspetti di ottimizzazione e strategia dei progetti digitali, in quattro passi:

  • misurazione
  • raccolta
  • analisi
  • reporting

dei dati online, al fine di classificare le KPI, le metriche e la loro misurazione.

Gli obbiettivi chiave sono:

  • comprendere meglio il comportamento degli utenti
  • lead generation
  • determinare/aumentare il rendimento
  • ottimizzare le campagne
  • abbattere i costi

Tra clickstream e analisi olistica

Cosa vuol dire, avere un approccio strategico ai dati di marketing?

Anzitutto, vuol dire avere la capacità - intesa come know-how, ma anche come scelta corretta degli strumenti - di avere una visione completa (stavo per dire olistica) dei dati che riguardano la nostra attività sul web.

Con questo intendo dire che una corretta strategia di misurazione dei dati è solo quella che non guarda ai singoli fenomeni in modo staccato dal contesto, ma che al contrario cerca di comprendere in che modo ogni azione dei nostri utenti influenza le successive, e in che modo sia frutto, spia, segnale di un comportamento determinato dal contesto in cui il nostro utente si trova a interagire.

Provo a spiegarmi meglio.

Quando ci troviamo di fronte ai dati provenienti dal nostro sito web, o risultanti magari da una nostra campagna di digital advertising, il nostro atteggiamento consiste, in generale, nell'osservazione dei flussi di navigazione come un tutto indistinto.

Noi osserviamo i dati concentrandoci solitamente sul così detto clickstream: quante sessioni aperte, quante pagine visualizzate, eventualmente (ma siamo già in un ambito mediamente evoluto) quanti obiettivi raggiunti e quante macro-conversioni generate.

Se stiamo gestendo una campagna su Facebook per la promozione di un post sponsorizzato (magari per diffondere un articolo di un blog) ci cureremo di verificare il numero di impression, il costo medio per click, il numero di atterraggi sulla nostra landing page e via dicendo, continuando ad osservare la pipeline che porta l'utente lungo il funnel di conversione, fino al nostro obiettivo.

Cosa c'è di sbagliato, in questo approccio alla web analytics? Tutto e niente, in verità.

Niente, perché è evidente che, almeno inizialmente, l'analisi dei dati del nostro sito web - meglio: della nostra attività di web marketing - andrà finalizzata a verificare gli andamenti del nostro percorso di conversione, al fine di coglierne eventuali distorsioni e punti critici. 

Insomma: se nel nostro sito e-commerce il 90% degli utenti abbandona la transazione dopo aver messo un prodotto nel carrello, è bene saperlo subito! 

Mantenere sempre un focus sul percorso di conversione e sul clickstream è vitale per qualsiasi web analyst che non voglia finire a caccia di farfalle mentre la casa brucia. 

Google Analytics e gli altri tool di analisi dei dati di web marketing vanno infatti visti come strumenti indispensabili per migliorare il proprio business online: vanno usati quindi soprattutto in questo modo, ponendosi le domande giuste e cercando di rispondervi in modo continuativo e costante nel tempo.

Se questa però diviene l'unica strategia che intendi seguire nell'analisi dei tuoi dati di marketing, allora te lo devo dire: stai sbagliando tutto.

Capire i percorsi dell'utente

Quando ci si occupa di web analytics, bisogna sempre tenere in considerazione che il problema principale è che gli utenti del nostro sito web non hanno quasi mai comportamenti standardizzati.

Insomma, il nostro visitatore non percorrerà quasi mai in modo lineare la strada che noi abbiamo tracciato nel nostro sito per portarlo dritto verso la conversione. 

Una lettura semplificata dei dati di analytics, tuttavia, tenderà a rimuovere tutto ciò che noi stessi abbiamo deciso di ignorare nell'analisi dei nostri dati di macro-conversione, facendoci prendere immancabilmente la decisione sbagliata.

Vuoi un esempio?

Prova ad osservare, allora, la seguente tabella, tratta da un report di Google Analytics che riporta come dimensione i canali di vendita di un sito e-commerce e, accanto, le metriche economiche relative al venduto per ciascun canale.

Il venduto di un e-Commerce secondo il canale di vendita

(Clicca sull'immagine per ingrandire)

La lettura del dato, come vedi non lascia adito a dubbi: il sito web che stiamo analizzando è sano, con una brand awareness forte e acquisita.

Il canale diretto la fa da padrone: da lì arriva oltre il 70% delle conversioni del sito, e la stessa percentuale di introiti.

Qualunque imprenditore sensato, se dovesse decidere quali costi tagliare per migliorare la marginalità del proprio e-shop, con numeri così non avrebbe dubbi: contrarrebbe immediatamente tutti i costi relativi alla SEM, all'advertising e - probabilmente - alla SEO, dato che la ricerca organica non frutta più del 15% del ricavo complessivo.

O forse no?

Proviamo a risponderci, osservando la tabella qui sotto.

E-commerce: attribuzione del venduto secondo l'ultimo contatto non diretto

(Clicca sull'immagine per ingrandire)

Nel caso di questo sito e-commerce, è la ricerca organica a farla da padrona: frutta quasi il 45% dei ricavi del sito, seguita dal traffico proveniente da referral. La marginalità del traffico diretto è poca cosa: solo il 16% delle conversioni proviene infatti da quel canale.

Si direbbe, insomma, un sito ben seguito in ambito SEO, che fa fruttare sia la ricerca organica, sia il link building, e che trova nella SEM e nell'advertising un buon complemento e una buona fonte di ricavi marginali.

Il problema è che i dati che stiamo guardando sono tratti dagli analytics dello stesso e-store, campionati nello stesso periodo di tempo.

Insomma, non si tratta di dati differenti. Si tratta di due modi differenti di intendere la web analysis, ossia di vedere gli stessi dati.

Qual è il trucco?

Il "trucco", nella fattispecie, consiste nell'applicazione di due diversi modelli di attribuzione al valore economico delle conversioni che sono avvenute sul sito in questione nel periodo in esame.

Nel primo caso, le vendite sono infatti attribuite al canale da cui proveniva il traffico al momento della conversione.

Nel secondo, invece, ogni vendita viene attribuita al canale che ha fruttato l’ultimo contatto non diretto (entro 60 giorni) tra sito e cliente. 

Qual è quella giusta? Entrambe, e nessuna.

Entrambe le tabelle danno infatti una vista parziale del percorso di conversione degli utenti. Insieme, invece, descrivono un customer journey che si sviluppa su più fasi lungo il funnel di conversione, con una prima fase di scoperta che si articola a partire dalla ricerca della soddisfazione di un bisogno fino all'acquisto, mediato da una fase di valutazione che si protrae a lungo nel tempo.

Le diverse fasi del customer journey lungo il funnel di conversione

Lo scontrino medio di questo negozio online è infatti nell'ordine delle diverse centinaia di euro, come si evince dal rapporto tra valore e numero delle transazioni, e tale quindi da scoraggiare l'acquisto d'impulso in favore di un percorso di acquisto più meditato.

Il fatto è, che i percorsi dei nostri utenti non sono affatto lineari come vorremmo. 

Nella nostra immaginazione, nel momento in cui facciamo una campagna Adwords, gli utenti che leggono il nostro annuncio vi cliccano sopra (in una data percentuale), visualizzano il dettaglio delle offerte sul nostro sito e - almeno in parte - comprano o effettuano l'operazione da noi auspicata. 

I reali percorsi degli utenti, tuttavia, sono ben differenti. 

Solo una quota - più o meno grande, secondo il nostro business - agisce infatti secondo le nostre ipotesi e le nostre aspettative. Molti altri, invece, si comportano come me e te, quando dobbiamo fare un acquisto online. Valutano offerta e vantaggi, confrontano i prodotti e i prezzi con quelli offerti da altri siti, ritornano più volte sulle nostre pagine per verificare questa o quella caratteristica peculiare. 

Insomma, si comportano più o meno in questo modo:

I reali percorsi dell'utente in un site

Nel frattempo, esplorano il tuo sito. 

Magari scaricano la brochure informativa del servizio che intendono acquistare, o visualizzano la pagina con le offerte speciali, guardano il video illustrativo delle caratteristiche del tuo ultimo prodotto, o ti contattano per chiedere dei chiarimenti.

Azioni che non portano soldi, certo: nessun acquisto, nessuna richiesta di produzione. 

Azioni, però, che sono fondamentali per comprendere quale sia la reale User Experience del nostro sito, e in che modo gli utenti interagiscono con le nostre pagine, tanto da meritare il nome di micro-conversioni: un altro pilastro del nostro approccio olistico ai dati, che viene spessissimo trascurato da marketer e analisti in favore di una visione parziale e distorta del comportamento degli utenti - con il rischio conseguente di prendere decisioni tanto sbagliate, quanto avrebbero potuto fare senza vedere alcun dato e andando a spanne.

Qual è la morale di questa storia?

È presto detto. La morale è che, quando si parla di web analytics con rispetto a una attività di web marketing, il modo migliore di prendere decisioni sbagliate rimane quello di fermarsi a una visione parziale dei dati, andando a isolare solamente i KPI relativi al nostro funnel di conversione.

Il pericolo, infatti, è che concentrandosi esclusivamente sull'analisi dei percorsi principali di conversione, semplificando artificialmente la complessità e l'erraticità dei comportamenti degli utenti, finiamo per vedere solo ciò che vogliamo vedere, e arriviamo a formulare ipotesi che si autoconfermano. 

Solo un approccio critico al dato di marketing, che riesca ad ampliare a ventaglio le nostre possibilità di analisi, potrà invece supportarci nell'osservare il nostro utente come un tutto, come l'insieme dei suoi comportamenti e della sua User Experience online e potrà, alla fine, consentirci di prendere decisioni davvero fondate sui dati.

Foto ( Analitica): Shutterstock

Cosa ne pensi di questo approccio alla web analytics?

E’ lo stesso che utilizzi tu per monitorare la tua attività web?

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Marketing Analyst and Business Development Manager presso l'agenzia OnMarketing. Oggi mi occupo soprattutto di Web Strategy e di SEA, lavorando costantemente con un focus sull'analisi statistica ed economica dei risultati delle attività dei miei clienti. Mi trovi su Linkedin.