Voice Search: un nuovo paradigma SEO

Pasquale Gangemi

mag 18, 20185 min di lettura
Voice Search: un nuovo paradigma SEO

L’idea di parlare con una macchina e che questa esegua i nostri comandi alla lettera (o addirittura, ci risponda in maniera pertinente e con un pizzico di humour robotico) è ancora un tantino futuristica, forse non ci vorrà ancora molto, ma per ora resta confinata alla fantascienza.

Possiamo però affermare che la voice search di Google è ciò che più ci avvicina a Hal9000 e soci: Big G ci dà la possibilità di esprimerci liberamente, con un linguaggio umano e colloquiale, assumendosi tutto l’onere di destrutturarlo e interpretarlo per restituirci la migliore risposta possibile.

La Voice Search è, in buona sostanza, una tecnologia di riconoscimento vocale che consente agli utenti di effettuare una ricerca tramite un comando vocale. Lanciata da Google nel 2009 – proprio per questo motivo non la considererei una "nuova" tecnologia – come interprete vocale per restituire i risultati di una normale pagina di ricerca, integra oggi numerosi servizi e applicazioni, e il motore di ricerca stesso si sta plasmando per gestire in modo differente tutte le tipologie di query.

Dati di utilizzo: query informazionali e vocal purchase

Facciamo una distinzione: anche se gran parte dei terrestri è ormai dotata di un dispositivo mobile, la ricerca vocale non è ancora diffusa allo stesso modo su tutti i mercati. Osservando qualche dato relativo agli USA, apprendiamo una serie di dati davvero interessanti:

  • Il 55% dei teenager e il 40% degli adulti usa la ricerca vocale ogni giorno da mobile, e la percentuale cresce molto rapidamente (Google, ottobre 2014);
  • Il 23% degli utenti adulti si serve di ricerche e assistenti vocali mentre sta cucinando (Google, ottobre 2014);
  • Le query di ricerca vocale di Google nel 2016 sono aumentate di 35 volte rispetto al 2008 (Search Engine Watch, 2016);
  • Amazon ha venduto 4,4 milioni di Echo nel suo primo anno di vendita (Geek Wire, 2016)
  • Il 25% delle ricerche sulla barra delle applicazioni di Windows 10 è voce (secondo Purna Virji, Microsoft);
  • 500.000 unità Google Home acquistate nel 2016 (Bloomberg);
  • Quasi il 50% delle persone usa la ricerca vocale durante la ricerca di prodotti (Social Media Today, 2016).

In Italia le cifre sono leggermente minori, per una serie di ovvie ragioni, ma i dati sono in forte crescita e anche gli utenti italiani trovano sempre più comodo l’utilizzo della voce, attraverso un device come lo smartphone che è sempre sotto mano (per non dire che ormai è un prolungamento del nostro braccio, con buona pace del Darwinismo).

Dati per il futuro? Il 50% di tutte le ricerche sarà di tipo vocale entro il 2020 e il 30% delle sessioni web avverrà senza utilizzare schermo e tasti (ComScore, 2017).

Vocal assistant e home device cambiano la quotidianità

Nelle fiabe si parla spesso di “aiutanti magici”, quei personaggi marginali ma funzionali alla storia, che aiutano il protagonista a compiere le proprie imprese e realizzare i propri sogni: i vocal assistant e gli home device – uno su tutti, Google Home – sono l’equivalente tecnologico e millennial dei topolini fatati che vestono Cerentola prima del gran ballo.

Basta un “Ok Google”, un comando, un abracadabra long-tail, ed eccoli pronti a impostarci la sveglia mattutina, accendere la moka elettronica, schedulare appuntamenti e promemoria, informarci al volo sul meteo per non farci uscire di casa senza ombrello, modulare le luci del nostro appartamento se abbiamo mal di testa, tradurci quella parola in inglese che abbiamo sulla punta della lingua, diffondere il podcast o il brano musicale che vogliamo ascoltare, motivarci a fare sport, ordinarci la cena, farci la spesa online e molto altro ancora.

Quando la quantità e la qualità dei servizi di Google, legati alla ricerca di informazioni, si fonde con la domotica, il risultato è davvero impressionante – con buona pace di Amazon Echo, antesignano del device ma con funzionalità più limitate.

Google Voice Search: come cambiano le query e gli algoritmi

Vi siete mai chiesti come funziona, a livello tecnico? I servizi di Voice Search sfruttano l’enorme potenza di calcolo del Cloud Computing per interpretare gli spettrogrammi vocali, prevedendo pattern esistenti e nuovi ed interpretando il linguaggio naturale grazie all’intelligenza artificiale.

L’analisi del parlato si compone di più livelli, per un’interpretazione approfondita e per evitare mistificazioni:

  • fonetica e intonazione,
  • morfologia,
  • sintassi,
  • semantica,
  • concatenazione logica e ragionamento

Tutti questi elementi portano alla corretta comprensione del messaggio e alla risposta più pertinente, fornita dalla macchina.

Com’è ovvio, le query tramite voice search sono del tutto differenti da quelle che si digitano abitualmente su una tastiera: meno meccaniche, con un minore utilizzo di parole singole a favore di keyword long-tail e frasi più simili al linguaggio comune, parlato.

Bisogna ricordare, però, che Google ha già migliorato anche la sua capacità di rispondere alle “tradizionali” ricerche digitate, grazie a due potenti algoritmi di machine learning: Hummingbird prima, capace di comprendere a fondo lo user intent, e RankBrain poi, misterioso meccanismo che funziona attraverso la sostituzione di termini e i sinonimi, basandosi sul contesto desumibile dalla query stessa.

Voice search e SEO: consigli per sfruttare la ricerca vocale nelle nostre digital strategy

E a noi operatori del settore digital, cosa cambia rispetto a tutto questo? La risposta è che cambia molto, sia dal punto di vista tecnico che, soprattutto, da quello strategico.

Come ha recentemente detto Rand Fishkin, dobbiamo abbandonare completamente il vecchio concetto SEO “una keyword/argomento = una pagina”, per dirla meglio, qualora non l’abbiate già fatto da tanto tempo, siete già in ritardo.

La struttura dei siti, quindi delle informazioni, e la content strategy in generale, vanno ripensate in maniera più fluida, meno divisa per compartimenti stagni, perché non rispondiamo più a una domanda circoscritta e artificiale, robotica.

Gli utenti non sono più quelli degli albori di Google, non si interfacciano più con la macchina scimmiottandone il linguaggio fatto di keyword tagliate con l’accetta, nossignori: oggi gli utenti pretendono che il web risponda come un amico tuttologo, perfettamente in grado non solo di dare la risposta corretta ma anche di interpretare la domanda nelle sue sfumature e declinazioni più umane.

Si potrebbe tradurre questa dinamica, a livello strategico, nell’opportunità di creare pagine principali dedicate a un macro-argomento, collegate a sotto-pagine in cui lo stesso argomento viene approfondito da punti di vista diversi. La stessa scelta degli argomenti e la scrittura dei contenuti vanno di pari passo con questo, insieme ad una necessità sempre maggiore di analisi delle SERP; per comprendere come cambia nel tempo lo user intent, a parità di query.

Se, fino a un paio di anni fa, chi cercava “SEO Specialist” su Google aveva bisogno di un consulente per l’ottimizzazione del proprio sito, oggi chi ricerca quella stessa identica parola sta invece informandosi su “come diventare uno specialista SEO”, “chi è il SEO specialist e cosa fa”, “quali sono i migliori”, “Quanto guadagnano” ecc. (storia vera, le SERP e i dati lo confermano).

Quindi, la ricerca da parte degli utenti non solo cambia forma e veicolo – dalla digitazione alla voce – ma cambia nel tempo anche finalità e contesto. E noi, che del rispondere alle necessità degli utenti del web abbiamo fatto un mestiere, non possiamo farci cogliere impreparati.

[Per approfondire: Voice First e Ricerca vocale: come cambiano i contenuti?]

E tu stai tenendo in considerazione le ricerche vocali nelle tue analisi?

Com'è cambiato il tuo approccio all'utente? Dai, raccontami la tua esperienza! Ti aspetto qui sotto nei commenti.

E se hai ancora qualche dubbio scrivimi pure.

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Pasquale Gangemi è CEO e Co-Founder di Seed Digital S.r.l. Oltre quindici anni di esperienza in ambito SEO e Digital Marketing. Formatore ed esperto SEO tra i più seguiti in Italia, le sue competenze verticali si uniscono alla capacità di gestire e motivare gruppi di lavoro eterogenei e internazionali. Relatore presso diverse Università ed enti di formazione tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Genova, SUPSI, 24ORE Business School ed ELIS.