Prontuario d’uso per la gestione e comunicazione di una crisi aziendale
Finchè la crisi non bussa alla vostra porta non saprete mai cosa effettivamente significhi crisis management.
La disciplina che si occupa di questa problematica nasce a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, dopo tre disastri che sconvolsero l’opinione pubblica americana:
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L'incidente al sistema di raffreddamento della centrale nucleare di Three Miles Island (1979);
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L'avvelenamento da cianuro di alcune confezioni dell’analgesico Tylenol della Johnson & Johnson (1982) che causò la morte di 7 consumatori;
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Il naufragio della petroliera Exxon Valdez di proprietà della ExxonMobil a largo delle coste dell’Alaska (1989).
Il post è nato preparando un corso sull’argomento per l’ Associazione Industriale Bresciana.
Il processo di gestione della crisi è noto come “crisis management” e prevede, da parte della direzione dell'azienda o di un team preposto, almeno tre fasi:
- Research:in cui si analizzano le aree vulnerabili, si monitorano i segnali provenienti dall'ambiente e si crea il cosiddetto “piano di crisi”.
- Response: ovvero la risposta al problema, in cui gioca un ruolo fondamentale la comunicazione, la cosiddetta crisis communication, ossia l’insieme delle attività di comunicazione di un’organizzazione nel momento in cui la crisi si manifesta (vedi “Governare le relazioni - Obiettivi, strumenti e modelli delle relazioni pubbliche” di Toni Muzi Falconi).
- Recovery: il piano di rilancio post crisi che sfrutta le opportunità date dall'evento negativo.
Come affermato nella bibbia sulla gestione delle criside Il Sole 24 Ore, scritta da Luca Poma e Giampietro Vecchiato (“Manuale di Crisis Management: come comunicare le crisi”), la crisis management è parte delle cosiddette relazioni pubbliche.
Queste ultime si occupano della gestione della credibilità, della notorietà e della reputazione dell'azienda e sono una disciplina della comunicazione d'impresa. Il compito principale della comunicazione d'impresa è invece il mantenimento delle relazioni tra l'azienda ed i suoi interlocutori (clienti, fornitori, azionisti, soci, dipendenti …).
La comunicazione d'impresa o business communication è parte della responsabilità sociale dell'azienda, il cui obiettivo è il mantenimento di alcuni asset intangibili come reputazione, fiducia ecc..
Christophe Roux-Dufort nel suo libro "Why organizations don't learn from crises" definisce la crisi "un momento privilegiato durante il quale comprendere le cose in modo diverso".
Jonathan L. Bernstein, presidente della Bernstein Crisis Management, definisce la crisi come "qualsiasi situazione che minaccia o potrebbe minacciare di danneggiare persone o cose, interrompere affari, danneggiare significativamente la reputazione e/o avere un impatto negativo sul mercato azionario”.
In molti testi dedicati alla crisis management si trovano riferimenti alla scrittura cinese e, nello specifico, si tende a sottolineare come l'espressione crisi sia tradotta in cinese con "Wēijī", parola composta dagli ideogrammi "pericolo" e "opportunità", determinando quindi una certa interpretazione del termine.
Il 12 Aprile 1959 John F. Kennedy durante un discorso a Indianapolis, affermò:
Scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità
Da allora l'interpretazione è stata ripresa propria da molti specialisti di crisis management e da numerosi politici americani (Richard M. Nixon, Condoleezza Rice e Al Gore, per citarne alcuni) anche se i linguisti sono in disaccordo sulla corretta interpretazione del termine.
A prescindere dalla definizione che le diamo, questa disciplina richiede strumenti tecnici di gestione ma soprattutto la conoscenza delle variabili in campo. Si tratta quindi di una tecnica e non di una scienza. L'esperienza in questo terreno diventa un fattore estremamente critico e le regole che le varie società di comunicazione condividono, vanno sempre adattate alla singola realtà.
Per quanto fino a qui riportato, esternalizzare la gestione della crisi, rischia di non essere quasi mai la soluzione ottimale, in quanto nessuno meglio di noi conosce la propria azienda, i suoi punti di forza, quelli di debolezza, i clienti e le loro necessità.
Contenere una crisi: le regole d'oro di Burson-Marsteller
Burson-Marsteller è una delle società di relazioni pubbliche e comunicazione globale più importanti al mondo, con servizi orientati a sostenere reputazioni corporate e brand. L’azienda nasce nel 1946 per decisione di Harold Burson e Bill Marsteller e si occupa quindi di affari pubblici, reputazione e gestione delle crisi, strategia digitale, pubblicità e altri servizi di comunicazione.
Le regole di Burson-Marsteller sono le seguenti:
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Definire il problema reale (a breve e medio termine)
Il problema reale può riguardare l'azienda (ristrutturazioni, trattative, delibere, cattive comunicazioni, ecc.), il marchio (fusioni aziendali, acquisizioni, scalate, ecc.), prodotti (manomissioni, minacce, sicurezza, qualità, concorrenza, ecc.), servizi (blocchi produzione, scioperi, falle informatiche, incidenti, ecc.) oppure relazioni (impatto ambientale, impatto salute, rapporto consumatori, ecc.).
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Identificare gli interlocutori interessati e fare leva sui potenziali alleati.
Gli alleati chiave sono i dipendenti dell'azienda stessa, sono i fornitori ed i clienti dell'azienda.
Spesso mi trovo a gestire piccole crisi determinate dall'insoddisfazione di alcuni clienti relativamente all' e-commerce di bandiere che gestisco dal 2002 come Bizonweb. Uno degli alleati strategici per la soluzione delle crisi in questi dieci anni, è stato il corriere, dal quale dipendono molte delle complicazioni che si verificano, ma anche la loro soluzione.
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Formulare l’ipotesi peggiore nel pianificare l'attività.
Non c'è mai fine al peggio, ma di fronte ad un cliente arrabbiato e con sete di vendetta, preferisco sempre consegnargli due volte le stesse bandiere piuttosto che attendere che lui perda la pazienza ed inizi a diffamare l'azienda per non aver ricevuto l'ordine effettuato. L'ipotesi peggiore è poi estremamente utile nella fase di definizione di un piano anti crisi, come vedremo in seguito.
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Isolare la gestione della crisi da quella ordinaria degli affari.
La crisi non dovrebbe mai coinvolgere lo svolgimento dell'attività ordinaria dell'azienda. Ideale sarebbe cercare di mantenere separate la gestione della crisi dalla gestione ordinaria dell'azienda.
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Centralizzare il flusso delle informazioni (in/out).
Il team responsabile della gestione della crisi o l'amministratore delegato devono ricevere ogni informazione in tempi celeri. Più la situazione è grave e più celere e centralizzato deve essere il flusso informativo, in quanto le crisi degenerano col passare delle ore. L'intervento nelle primissime ore dal verificarsi del fenomeno scatenante è spesso risolutivo affinché la crisi non si concretizzi e non si approfondisca.
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Comprendere il ruolo dei media.
La comunicazione gioca un ruolo fondamentale. Senza il controllo delle informazioni che ricevono i media si rischia di perdere il controllo della situazione. Gran parte delle crisi che si verificano nel nostro e-commerce sono date dalla mancanza di informazioni puntuali sulla gestione degli ordini e lo stato delle spedizioni. La mancanza di informazioni genera nel cliente apprensione, ansia e sconforto.
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Assumere una posizione responsabile.
L'ammissione dei propri errori è uno step fondamentale della crisi. Bisogna per altro ricordare che nel web tutto è permanente e quindi nulla si cancella mai completamente. La coerenza deve essere il caposaldo che accompagna la gestione della crisi dall'inizio alla fine, con la posizione presa che va difesa ad oltranza (nel limite del possibile).
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Monitorare costantemente i danni e le conseguenze su tutto il business.
Monitorare significa verificare che gli interlocutori siano consapevoli della problematica che si sta verificando e dei suoi effetti, così come delle azioni che si intende intraprendere per risolvere i problemi che hanno scatenato la crisi.
Reputazione: salvare l'immagine di un brand in 10 step
Altro personaggio significativo in fatto di crisis management è Ellen Weaver Hartman, già fondatrice dell'Hartman Public Relations, società con sede ad Atlanta che offre un servizio completo di pubbliche relazioni. Ellen è stata vice presidente e direttore della comunicazione per AFC Enterprises, una delle più grandi aziende pubbliche alimentari americane.
L'Hartman indica i punti che un brand dovrebbe seguire per preservare la propria reputazione in caso di crisi (fasi di risposta e recupero).
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La gestione proattiva della reputazione è strategica e deve essere continuativa. La crisi non deve essere subìta ma controllata: solo in questo modo può essere risolta in tempi brevi. Secondo Poma, l'8% delle aziende che hanno affrontato una crisi recuperano il loro valore entro 30/50 giorni e dopo l'anno si trovano in una posizione migliore rispetto alla crisi (aziende “recoverers”).
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Stabilire relazioni di fiducia con clienti, dipendenti e azionisti. Non c'è miglior alleato dei propri clienti e dei propri dipendenti. Se si gode della fiducia di clienti e dipendenti, è più difficile che la crisi danneggi seriamente l'azienda.
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Agire sinceramente, nella sostanza, è l'unica via per ristabilire la reputazione. È inutile mentire: nel caso di errori la loro ammissione è sempre la migliore risposta che un'azienda possa dare.
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Accettare le responsabilità per il ruolo ricoperto. Ogni persona che abbia una responsabilità all'interno dell'azienda deve risponderne in base al ruolo ricoperto.
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Aiutare coloro che vengono colpiti immediatamente dalla crisi. Se vi sono stati danni, le persone colpite vanno sempre risarcite e seguite nelle difficoltà che si sono recate loro.
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Determinare azioni correttive di lungo termine. Normalmente le crisi si verificano attraverso fenomeni striscianti: i cosiddetti segnali deboli che col tempo si trasformano in eventi scatenanti, il cui monitoraggio permette di evitare diverse tipologie di crisi. La trasformazione dei punti di debolezza messi allo scoperto in punti di forza è parte integrante dello step di recovery.
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Ricostruire le relazioni con le parti interessate. In caso di crisi è di solito naturale che alcune parti perdano l'empatia verso l'azienda. Deve essere intrapreso ogni sforzo per recuperare la relazione con queste parti.
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Creare una campagna di Public Relations. La credibilità si conquista negli anni, ma si può perdere nel corso di poche ore. Quando questa è persa o vacilla è necessario investire tempo e denaro affinché sia recuperata nel più breve tempo possibile. Più si perde credibilità e maggiore deve essere l'investimento nel recuperarla.
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Formare un team di portavoce. Nella gestione di crisi complesse, la comunicazione gioca un ruolo chiave. Per la sua gestione può essere utile formare un team che sia rappresentativo dell’immagine aziendale ed in grado di esporre le idee e le posizioni dell'azienda stessa. Il team deve essere formato, educato e deve conoscere costantemente gli obiettivi e le strategie di comunicazione dell'azienda.
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Sensibilizzare i Media. Le relazioni con i media non possono generarsi con l'inizio di una crisi, ma vanno curate e coltivate a prescindere. Solo costruendo una rete di relazioni con media, giornalisti e blogger, questa rete avrà un'utilità in caso di bisogno.
Per la fase di recovery, l'Hartman sottolinea questi punti chiave:
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Mantenere la credibilità.
Errare è umano ma anche negli errori è necessario continuare ad essere credibili. Come? Continuando a fare ciò che si faceva nel periodo antecedente la crisi, portando il cliente al centro delle attenzioni, fornendo supporto a chi è risultato danneggiato, mantenendo una trasparenza assoluta sui fatti e fornendo informazioni puntuali su come si è risposto rispetto ai fenomeni che hanno portato alla crisi.
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Condurre sempre il dialogo.
Di fronte alla crisi, l'unica voce che si dovrebbe sentire è quella dell'azienda. Permettere che altre voci raccontino quanto accaduto è un fattore estremamente pericoloso che può portare ad una condizione degenerativa. La conduzione del dialogo deve essere assoluta.
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Ricordare che impiegati, collaboratori e clienti sono importanti avvocati della causa.
La difesa dell'azienda non nasce da alleanze globali ma dalle piccole alleanze locali, dai propri impiegati in primis, per poi passare a collaboratori e clienti.
Gestione di una crisi: il rapido ripristino di una situazione di normalità
Infine, ecco le regole d'oro di Michael Morley, consigliere della Edelman PR Inc., contenute nel suo libro “How To Manage Your Global Reputation”.
Morley ha ricoperto l'incarico di Presidente per le Operazioni Internazionali e Vice Presidente della Edelman Public Relations Worldwide, tra i cui clienti ci sono multinazionali del calibro di Roche, Nestlé, Dow Chemical, S.C. Johnson e Mobil. Ecco quali sono le sue raccomandazioni:
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L'AD ha un ruolo centrale
L’impatto di una crisi è proporzionale al tempo impiegato dall’AD ad assumere il controllo della stessa e al tempo impiegato per raggiungere il luogo in cui si manifesta. Di fronte ad un problema o crisi è indispensabile che la persona con maggiori responsabilità (quindi l'amministratore delegato, nel caso di una società) accentri la situazione e possa avere un controllo assoluto sulla situazione.
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Emettere un comunicato stampa entro 2 ore.
Due ore è il tempo massimo per rendere pubblica la crisi riassumendo i termini della stessa, limitandosi ai fatti e non alla loro elaborazione o interpretazione. Mai lasciare che l'informazione ci sfugga: il controllo dell'informazione diventa controllo della crisi associata.
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Creare una task force.
L’AD deve creare una task force diretta da un alto dirigente. La stessa è formata da un legale rappresentante, da un responsabile stampa e da tecnici specialisti a seconda della crisi. La task force è un elemento essenziale. Lo stesso team potrà poi essere mantenuto per creare piani anti crisi, per monitorare la situazione aziendale ed evitare il verificarsi di crisi future.
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Creare un ufficio stampa entro 6 ore.
Il responsabile stampa dovrebbe creare un ufficio stampa dotandolo di telefoni e fax ad hoc; tutte le richieste di informazioni dovrebbero essere reindirizzate a quest'ufficio.
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Arrangiare un breve corso di addestramento per i media.
L’AD o l’alto funzionario devono organizzare un corso di ripasso con i portavoce dell’azienda per definire i messaggi chiave da utilizzare con i mezzi di comunicazione. Pur avendo più portavoce, il messaggio trasmesso deve essere univoco, una sola voce.
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Richiedere l’aiuto delle istituzioni.
In caso di danni materiali, coinvolgere subito le forze di polizia, il governo locale, le istituzioni.
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Annunciare la costituzione di un fondo legato al disastro in 24 ore.
Dove ci sono vittime, feriti e danni materiali, la reputazione è danneggiata dalla lentezza con cui le persone vengono aiutate dal punto di vista economico. Prevedere subito un fondo per gli aiuti è un ottimo modo per evitare di perdere irrimediabilmente la reputazione.
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Programmare conferenze stampa quotidiane.
I responsabili stampa potranno rispondere giornalmente alle domande dei giornalisti creando una relazione stabile con i mezzi di comunicazione.
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Comunicare in modo proattivo.
Bisogna anticipare le domande, programmare aggiornamenti via fax, video, rassegne stampa, bollettini, aggiornamenti delle pagine web. Occorre fornire rassicurazioni tramite l’analisi delle cause e le misure che si intendono prendere per prevenire futuri accadimenti.
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Svolgere sondaggi con l’opinione pubblica.
Non si affronta una crisi alla cieca, ma è utile programmare sondaggi con l’intento di ridefinire le strategie comunicative sulla crisi. È prassi che i sondaggi vengano sottoposti anche ad impiegati e collaboratori.
Conclusioni
Ritengo che per risolvere qualsiasi tipo di crisi, sia necessario conoscere approfonditamente la propria azienda. Con il presentarsi di una crisi occorre portare dalla nostra parte più risorse umane possibili, al fine di remare tutti verso il medesimo obiettivo: la salvezza della propria azienda.
Giorno dopo giorno è necessario alzare l'asticella delle difficoltà perché qualunque problematica deve convertirci in atleti capaci di trasformare i punti di debolezza in punti di forza e la crisi in un’opportunità di sviluppo e come momento positivo di crescita di fronte agli ostacoli.
Quanto è importante secondo te la buona comunicazione e gestione di una crisi per un'azienda?
Ricordi qualche caso in particolare in cui un brand non sia stato capace di gestire la situazione, danneggiando irrimediabilmente la propria immagine?
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