I Big Data sono come il sesso per gli adolescenti; tutti ne parlano, nessuno sa veramente di cosa si tratta, tutti pensano che gli altri lo fanno, allora tutti dicono di farlo.
Così esordiva il Prof. Dan Ariely (Duke Univ. e MIT) in un suo tweet del 2013. A distanza di 5 anni questa affermazione è ancora del tutto valida: il mondo dei Big Data prende e occupa talmente tanti aspetti e settori della vita di un’azienda che il modo migliore di trattarli e le possibili applicazioni sono ancora in via di definizione.
Infatti, mentre conosciamo tutti il Business Model Canvas come lo strumento strategico per descrivere, definire o rinnovare il proprio business - salito alla ribalta grazie alla sua diffusione nel mondo delle start up – o la SWOT Analysis, utilizzata in ambito consulenziale come strumento di pianificazione strategica, per i Big Data non esiste ancora un vero e proprio modello di business universalmente riconosciuto.
Come può un'azienda che vuole lavorare con i Big Data approcciarsi a questo metodo?
Niente panico, perché se è vero che un modello universalmente riconosciuto ancora non c’è, ci sono però delle linee guida e delle indicazioni che ogni azienda, micro, piccola, media o grande, può seguire per entrare in questo mondo.
Facciamo però prima un passo indietro: come riconosco i Big Data da un insieme di dati tradizionali?
Questo è semplice, o meglio, per questo abbiamo una definizione univoca per tutto il mondo che si racchiude nelle 3 V: Volume Velocità e Varietà.
- Volume: sono tanti… milioni, miliardi i dati con cui un’azienda entra in contatto e che può analizzare ogni giorno, questo perché sono ormai tante le fonti da cui provengono.
- Velocità: si riferisce all’aumento della velocità con cui i dati sono creati, immagazzinati, processati e analizzati dai database di nuova generazione, oggi i dati possono essere anche real-time!
- Varietà: i dati non solo provengono da fonti differenti (web, off.line, crm, etc) ma i dati stessi sono fatti diversamente: immagini, numeri, parole, video, etc. Ad oggi il 90% dei dati sono destrutturati, per cui non numerici e quindi possono essere analizzati nel contenuto e nel significato.
Nel tempo si sono aggiunte anche altre 4 V nella definizione (Variabilità, Veridicità, Visualizzazione e Valore) ma di base, per distinguere i Big Data da una mole di dati standard, è fondamentale la presenza delle prime tre variabili.
Fonte: “Noovle: Big Data & BI” Lorenzo Ridi
Ora che sappiamo come riconoscere i Big Data, cosa deve fare un'azienda per sfruttarli al meglio?
Se, come abbiamo detto, un metodo o un modello universalmente riconosciuto non c’è, si può di certo affermare che un percorso da seguire per utilizzare i Big Data nelle strategie aziendali e di marketing c’è ed è ben definito.
Questo percorso si può riassumere in 4 step principali:
1- Definizione degli obiettivi
2- Analisi delle fonti
3- Tecnologie e Team di Lavoro
4- Data Analytics
1. La definizione degli obiettivi
È la fase determinante, trasversale e preliminarequalsiasi sia il tipo di settore o mercato di riferimento. Dal momento in cui si decide di attivare un approccio “data-driven”, e quindi di valorizzare il grande patrimonio di dati che si ha a disposizione, è necessario definire dove si vuole arrivare. (Per carità, Colombo ha scoperto l’America volendo andare in India, ma un obiettivo se lo era posto e le scoperte inattese sono solo da affrontare lungo il cammino).
Tra gli obiettivi – plurale, perché possono essere più di uno – che può porsi un'azienda ci sono il miglioramento dell’efficienza produttiva e l'ottimizzazione del processo di acquisto del consumatore, per fare due esempi molto semplici. Cosa importante da tenere in considerazione è che esistono e coesistono due tipologie di obiettivi, la prima riguarda gli obiettivi specifici o di micro-analisi: ho un dataset e voglio analizzare i comportamenti, le correlazioni causa-effetto, etc; la seconda tipologia riguarda quegli obiettivi di macro-analisi che puntano ad integrare i risultati del punto precedente all’interno dei processi aziendali.
2. L'analisi delle fonti
Questo secondo passaggio è paragonabile a quando si deve preparare il pranzo: apro il frigo e guardo gli ingredienti che ho già a disposizione oppure definisco quelli da acquistare – ecco le fonti dei miei dati –senza però dimenticarmi che ho bisogno di alcuni strumenti per mescolare, preparare, impastare – ecco le tecnologie. Se decido di fare la pasta all’uovo posso avere la farina, le uova e l’olio e magari decidere di impastare a mano, ma magari sarebbe più utile una macchina per preparare la sfoglia così ottimizzo i tempi!
Ma quali sono le fonti principali di dati per un’azienda?
Spesso si tende a focalizzarsi su quello che accade fuori all’azienda, andando a ricercare sempre nuovi dati, quando il patrimonio più importante e fondamentale, in molti casi, si ha internamente: il CRM! Questo meraviglioso strumento è la prima grande fonte di dati a cui un’azienda può attingere, ovviamente più è preciso e dettagliato e più sarà semplice ottimizzare l’analisi dei dati. Certo, se la tua azienda ha usato il CRM semplicemente come anagrafica cliente, beh allora ci sarà da lavorare parecchio a monte prima di procedere con l’analisi.
Le altre fonti di dati sono molteplici, possiamo fare una macro distinzione tra:
-
Fonti On-line:
- Sito web aziendale
- Landing Page
- E-commece
- Social Media
- App
- Open Data
-
Fonti Off-line:
- Tecnologie Wearables
- IBeacons
- Sensori Biometrici
- Digital Signage
- Realtà Aumentata
- Tutto il mondo IoT
La mole di dati aumenta, è necessario quindi creare nuove forme di gestione degli stessi traendone vantaggi in termini di efficienza delle scelte di business e di valore dei dati.
Come si può gestire questa grande mole di dati?
Ci sono tre fasi da implementare per ottimizzare la gestione dei dati, tenendo sempre presente l’obiettivo prefissato a monte. Infatti lo sviluppo del seguente processo varia a seconda dell’obiettivo, seppure le fasi sono sempre le stesse:
- Acquisizione dei dati
- Assegnazione del punteggio
- Impostazioni delle azioni
A –Acquisisco i dati: anche se l’azienda ha attive più fonti di dati, è importante scegliere quelle che sono realmente significative a seconda dell’obiettivo che ci si è posti. Ad esempio, se voglio analizzare il percorso dell’utente sul mio e-commerce prenderò in considerazione – nel caso li avessi attivi – :
- Google Analytics
- Facebook Insight e il pixel di Facebook
- dati della App
- I beacons in store
- tutto quanto necessario per tracciare il percorso dell’utente da quando ha cercato informazioni sul mio prodotto/servizio – il momento 0 definito da Google ZMOT – fino al momento dell’acquisto o abbandono del carrello.
B – Assegno un punteggio ad ogni utente in base alle azioni che ha svolto. Nel nostro esempio le azioni da valutare possono essere di vario tipo: mettere un like, aggiungere i prodotti nel carrello, comprare un prodotto, cliccarlo, etc
A questo punto avrò una base dati che mi permette di analizzare i cluster di utenti a seconda del punteggio, assegnando loro anche un’identità, ad esempio:
3 stelle: utente di Facebook, arriva da Mobile, donna italiana 35-45 anni, interessata ai viaggi low cost, medio basso spendente.
C- Imposto le azioni, a questo punto posso andare a definire le azioni di business a livello micro o macro che posso intraprendere. Seguendo sempre l’esempio dell’e-commerce posso andare ad implementare azioni di re-marketing per chi ha abbandonato il carrello, anche in base all’identità assegnata, posso quindi impostare sponsorizzate su Facebook mirate al profilo 3, targettizzando per sesso, età, zona geografica e interessi e volendo anche per device.
Quello che ti ho mostrato è un esempio abbastanza semplice, ma immagina di doverlo moltiplicare per N obiettivi su N funzioni aziendali: è ovvio che non è possibile che una sola persona, senza le opportune tecnologie, possa fare tutto.
Veniamo ora al terzo step del percorso che ci permette di utilizzare i Big Data nelle strategie aziendali e di marketing:
3. Tecnologie e Team di Lavoro
Si esatto, se da un lato servono delle tecnologie che aiutino in tutte le fasi, dall’estrazione dei dati strutturati e destrutturati, alla loro decodifica, integrazione e analisi, dall’altra sono necessarie le capacità umane. Da qualche anno si parla tanto della figura del Data Scientist, che ha però diversi volti:
- Hacker: deve saperne di codice di programmazione e comprendere le architetture tecnologiche per i Big Data.
- Scienziato: deve saper prendere decisioni basate su elementi di fatto, avere capacità di improvvisare ed essere orientato all’azione.
- Consulente di fiducia: sono necessarie forti competenze di comunicazione e relazione, capacità di formulare decisioni e capire i processi decisionali.
- Analista quantitativo: deve avere conoscenze di analisi statistica, visual analytics, machine learning e saper analizzare dati non strutturati quali testi, video e immagini.
- Esperto di Business: deve avere una conoscenza precisa dell’azienda e del suo modo di realizzare profitti e avere la capacità di valutare come applicare efficacemente analytics e Big data.
È facilmente intuibile come tutto questo non possa risiedere in un’unica persona, per competenze ma anche per attitudini, per cui l’approccio più efficace è sicuramente quello di attivare un team di lavoro in cui siano presenti diverse figure che ricoprono le caratteristiche necessarie per lavorare in maniera efficace con i Big Data.
4. Data Analytics
L’ultimo punto, combinato con la Data Visualization, è quello che chiude il cerchio. Ho definito gli obiettivi, ho scelto le fonti, ho ricavato i dati e li ho inseriti nelle tecnologie apposite e ora non rimane che analizzarli. A lato di tutto questo c’è un team di lavoro che gestisce e implementa ogni fase.
Le analisi che si possono fare con i Big data sono veramente moltissime e gli strumenti che si possono utilizzare altrettanti, ad esempio possiamo usare strumenti di Sentiment Analysis, che raccolgono in tempo reale le reazioni degli utenti o trend davanti a un qualsiasi evento, locale o globale che sia. L’analisi del sentimento ha l’obiettivo di calcolare l’atteggiamento di un individuo nei confronti di determinati argomenti, come ad esempio capire i sentimenti generati da un film in base ai commenti sui social media.
In conclusione mi preme dirti che possiamo utilizzare tutte le tecnologie e gli strumenti che vogliamo, ma non hanno utilità se non inseriti all'interno di una pianificazione strategica che parte dal punto 1, cioè dagli obiettivi.
È fondamentale capire che oggi abbiamo macchine e strumenti che possono aiutare un'azienda in ogni ambito, nel marketing ancor di più, ma senza un cervello pensante e capacità di analisi critica non si va poi tanto lontano.
Per sopravvivere in questa giungla di informazioni, bisogna ingegnarsi, alimentando nuove intuizioni e idee.
Cosa ne pensi dei Big Data? In quali altri modi pensi che un'azienda potrebbe (o dovrebbe!) sfruttarli?
Sono curiosa di conoscere la tua opinione: in questo caso essere creativi è il miglior approccio per trarre beneficio da una risorsa così versatile come i Big data.