Cos’è lo shopping? Di certo è molto di più di una semplice transazione effettuata alla cassa di un negozio. Si tratta di una complessa gamma di attività, tra cui ricerca e scoperta, confronto e valutazione.
Fino a pochi anni fa queste attività avvenivano all’interno del negozio, con il commerciante che assisteva il potenziale cliente, guidandolo nella sua ricerca, risolvendo i suoi dubbi e indirizzandolo correttamente verso il prodotto più adatto alle sue esigenze.
Era il dettagliante a “dirigere” le operazioni e a fidelizzare il cliente attraverso il contatto diretto. Con l’avvento della rete, la situazione si è completamente ribaltata: l’addetto alle vendite ha solo il compito di servire il cliente che arriva in negozio già consapevole di quello che vuole.
Il negozio “perde pezzi”: non è presente durante il processo decisionale dell’utente, che è frammentato su più canali, e non sa come assisterlo al meglio.
È risaputo che, per conquistare il cuore (e il portafoglio) dei clienti, bisogna comprenderli a livello individuale e integrarsi perfettamente nella loro quotidianità.
Ma il retail ha una rete distributiva molto articolata e in questa catena intermediata, con il brand produttore dei beni a monte della filiera, il negozio fisico è l’ultimo anello di congiunzione e ha difficoltà a intercettare i bisogni e i desideri degli acquirenti, che vengono manifestati in altra sede.
La soluzione per i negozi che vogliono connettersi con i clienti: i contenuti
Eppure, c’è una soluzione. Il negozio fisico può intercettare i bisogni dei clienti in tempo reale attraverso i contenuti pubblicati sui canali digitali. Per contenuto intendiamo l’insieme di asset (immagini, video, tutorial etc.) e di informazioni di prodotto (features, SKU etc.) che rendono ricca l’esperienza di navigazione dell’utente, soddisfacendo le sue esigenze informative e aiutandolo nella scelta di un prodotto rispetto a un altro.
Per riuscire a mappare in diretta le preferenze manifestate, bisogna “attivare” i contenuti in modo da renderli capaci di assorbire dati. La soluzione è individuata nella Content Intelligence. Affidare all’Intelligenza Artificiale e alle sue capacità semantiche(tramite algoritmi di Machine Learning, speech-to-text, image recognition etc.), il compito di classificarli correttamente, ci dà dei vantaggi in merito alla profilazione degli utenti.
Per approfondire puoi leggere il post: Web content management: come funziona la gestione "intelligente" dei contenuti
Prendiamo come esempio un retailer appartenente al settore Parfum&Cosmetics e i contenuti che pubblica sui suoi canali. Di seguito troviamo un elenco di tag che l’AI ha selezionato dalla tassonomia (= dizionario di tag) che le è stata fornita per identificare le caratteristiche di ogni contenuto (e i prodotti a cui si riferiscono).
Legenda: Marketing, Product, Editorial
In questo modo il profilo dell’utente sul CRM, sempre grazie al match operato dall’AI, viene arricchito con le tag dei contenuti che ha visitato. Dall’analisi di questi dati si possono ricavare informazioni preziose come:
- i formati editoriali che più lo convertono
- gli argomenti che cerca più spesso
- le caratteristiche di prodotto che vanno più incontro ai suoi gusti
Ma attenzione, solo i canali proprietari (sito web, e-commerce, app, etc.) permettono di misurare direttamente questi dati. Le vetrine di terze parti (marketplace, trovaprezzi etc.) e i canali social sono utili per fare awareness e incentivare le vendite, ma forniscono statistiche aggregate che qualsiasi brand può ricavare online.
Dati proprietari = vantaggio competitivo
Avere sott’occhio, all’interno del software gestionale, una panoramica completa (dati di contatto, dati anagrafici, storico degli acquisti, preferenze e abitudini ricavati dalla fruizione dei contenuti) permette al personale in negozio di assistere a 360° i clienti che entrano nel punto vendita, creando offerte e servizi su misura per anticiparne i bisogni.
Le ricadute sullo store
Quindi se una persona ci ha già approcciati online, siamo un passo avanti. Ma come funziona nel caso degli utenti anonimi? I dati raccolti dalla Content Intelligence sono fondamentali anche in questo contesto.
Ad esempio, l’uso di app dove l’utente ha a disposizione il catalogo completo dei prodotti con contenuti che li descrivono, permette di estrapolare informazioni su quali sono le categorie di prodotto più apprezzate.
E questo può andare a impattare l’operatività dello store con strategie di visual merchandise e di allestimento più efficaci.
Se online l’eyeliner è stata la categoria di prodotti più visitata, nel punto vendita possiamo mettere gli articoli relativi in bella vista, in modo che l’occhio del cliente vada a cadere proprio lì.
Possono beneficiarne anche le strategie di cross-selling e di assortimento del negozio: le sequenze più ricorrenti di visualizzazioni/acquisto sul digitale possono suggerire agli store manager il lancio di promozioni su articoli abbinati o l’ordine di eventuali prodotti non disponibili in-store.
Questi dati, oltre a poter essere impiegati in campagne di marketing digitale personalizzate (DEM, raccomandazioni su cluster di utenti divisi per interessi etc.), possono indirizzare da subito in negozio la vendita verso le opzioni più corrette.
L’AI ha il vantaggio di riconoscere nei contenuti classificati anche la presenza di figure rilevanti per l’azienda (testimonial, VIP etc.) o elementi grafici ricorrenti (il colore dominante).
Un’analisi a partire dai colori dominanti negli acquisti, ad esempio, può darci elementi su cui fare leva a livello inconscio per realizzare packaging che incontrano il gusto dei clienti oppure per presentare il colore nella variante che stimola di più gli acquisti.
Oppure ancora dal digitale scopriamo che i contenuti associati all’influencer X sono quelli più visitati. Creare un’esperienza in negozio con un workshop di trucco tenuto dall’influencer X può portare gente in negozio e aumentare le vendite.
Ricordiamoci però che il punto di partenza per fare Content Intelligence è gestire e distribuire i contenuti in maniera centralizzata (lo dimostra anche una ricerca di Forrester).
Più sistemi = metriche diverse e dati disallineati
Un unico sistema centralizzato = dati che “parlano” la stessa lingua
Le realtà retail che vogliono realmente integrare online e offline devono farlo a partire dai contenuti!
Qual è la tua esperienza sulla vendita offline a partire da contenuti promossi online?
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