Come far capire a Google quello che scrivi

Francesco Margherita

gen 25, 20175 min di lettura
Come far capire a Google quello che scrivi

Facilita la comprensione dei tuoi contenuti da parte dei motori di ricerca

Ultimamente ho scritto un articolo un po’ piccato, nel quale affermo che secondo me si parla di analfabetismo funzionale a sproposito o, per dirla tutta, tra tanti studi autorevolissimi sull’argomento, non c’è un cane che si chieda perché una percentuale compresa tra il 47 e il 66% degli italiani abbia difficoltà oggettive a capire ciò che legge.

Ti dicono solo che è così, a te basta?

C’è una presunzione strisciante, non so se insita nell’italica cultura o se dipenda da qualcosa che mettono nell’acqua potabile, in base alla quale (e semplificando un po’) se non capisci quello che dico o scrivo, devi essere un po’ stupidino e comunque non si dica mai che sono io a essermi spiegato male!

Dietro al fenomeno che chiamiamo analfabetismo funzionale, si nasconde semplicemente il fatto che le persone non si capiscono perché spesso:

  1. Non condividono le opinioni o nutrono antipatia reciproca;
  2. Non condividono il contesto o ignorano fatti pregressi;
  3. Hanno fretta.

Il primo punto è alla base del meccanismo di incomunicabilità, un fenomeno sociale secondo il quale, perché la trasmissione di un messaggio funzioni, la comunicazione deve avvenire in un clima disteso e privo di tensioni emotive come preconcetti e pregiudizi di segno negativo.

Il secondo punto prescinde da moti emozionali e accomuna l’uomo alla macchina: è oggettivamente difficile per la nonna novantenne con la terza elementare, che ha sempre vissuto in campagna, cogliere le ultime novità in campo biochimico sulla connettomica. Piero Angela o chi per lui potrà fare il miglior lavoro divulgativo possibile, ma sarà comunque dura.

Questo secondo punto, che potrei sostanzialmente definire come la mancanza di dati utili a farsi un’idea chiara, rappresenta un problema per Google in fase di classificazione dei documenti web che scansiona attraverso i suoi robots. Il problema di comprensione lato macchina si verifica su più livelli, soprattutto in mancanza di elementi, in particolare quali:

  • Dati strutturati

Il web semantico è tale perché archivia i documenti in base a contrassegni o, se preferisci, etichette codificate, tali da consentire una classificazione meno incerta delle pagine (e dei loro elementi) che compongono i siti web. Gli schemi più diffusi, come Author, Article, Service, Recipe, Product etc., consentono a Google di cogliere il significato delle varie parti di cui si compone il nostro progetto web e di indicizzarlo nel modo più corretto. 

Farsi capire dai motori di ricerca: ottimizzazioni SEO fondamentali

  • Tassonomie

Il sistema di archiviazione del tuo blog può aiutare Google a tracciare una mappa concettuale del tuo progetto web, oppure può contribuire a distorcerne il significato percepibile. Scegliere ed eventualmente intrecciare opportunamente gli archivi serve a creare una conformazione tale da far somigliare il sito web a uno schedario in cui ogni pratica è facile da recuperare. Se gli articoli del tuo blog sono solo 30, non hai bisogno di scervellarti a intrecciare categorie e tag, così come se sono 3.000 una corretta classificazione fa la differenza tra un sito navigabile e un manicomio.

Il problema è che spesso il sito web con 30 articoli presenta 10 categorie e 20 archivi tag, mentre il sito web con 3.000 articoli ne categorizza 1.000 in senza categoria. A queste condizioni come fanno utenti e bot a farsi un’idea chiara sul pregresso? Quanta responsabilità sei disposto a dare al motore di ricerca interno?

  • Internal linking

La distribuzione dei link interni serve a contestualizzare i documenti web presenti nel tuo sito. Per far sì che ciò avvenga, i link interni devono essere per l’appunto (e il più possibile) contestuali. Se i link interni sono solo quelli in sidebar e/o nei menu interni alla struttura del sito web, non potrò far capire a Google quali sono i contenuti più vicini tra loro e gli articoli risulteranno indipendenti, “figli unici di madre vedova”, piatti e poco correlati, a meno che non confidiamo nel motore di correlazione interna, che spesso dopo i primi 100 articoli non fa un lavoro egregio.

Un internal linking poco accorto fa venire meno il contesto e i legami tra documenti web che trattano argomenti vicini. La sola categorizzazione è sufficiente, ma solo se gli articoli sono pochissimi.

  • Web design

Non tralascerei le scelte stilistiche e di formattazione, che molto spesso giocano un ruolo chiave nella resa degli utenti che vanno di fretta. Perché vanno di fretta? Perché siamo nel 2017, diamine!

Non è più il tempo di mostrare font piccoli e aggraziati di colore grigio scuro su fondo grigio chiaro. Non è più il tempo di tenere in pagina link con anchor text dello stesso colore del testo normale. Il terzo motivo di cui scrivevo prima e per il quale le persone non si capiscono è appunto la fretta. La tua comunicazione non deve essere curata, deve essere perfetta.

  • Cura del testo

L’ho inserito come ultimo punto, ma è qui che si consumano le vere atrocità. La relazione tra termini presenti nello stesso documento web o in pagine diverse, insieme alla disposizione di elementi come gli anchor text, hanno a che fare con la semantica legata ai motori di ricerca, quella che chiamo SEO Semantica.

Per quanto sia vero che Google faccia investimenti notevolissimi nella direzione di un motore di ricerca a intelligenza artificiale, viviamo ancora in un mondo digital in cui, nella stragrande maggioranza dei casi, l’attribuzione di senso al testo viene data associando i termini che lo compongono, non interpretandone il senso.

Rankbrain, l’algoritmo oggi integrato nel core del motore di ricerca, ha un’intelligenza tale da completare le analogie. Oggi Google sa capire che se 

Uomo sta a Re come donna sta a X 

dunque X = Regina

Questo è un passo avanti notevole rispetto al semplice cogliere che se nel documento XY ci sono i termini espresso + moca + cialda + zucchero, probabilmente espresso = caffè, non treno. Tuttavia, da qui a dire che Google è in grado di cogliere il senso di una metafora, di un’iperbole o di una qualunque forma idiomatica i cui termini rendano impossibile un’associazione tale da ridurre l’ambiguità data dalla polisemia, c’è ancora una buona distanza da colmare.

Farsi capire 

Nel frattempo, e finché tale distanza rimane un dato di fatto, i suggerimenti che posso darti sono i seguenti:

  1. Osserva i dati strutturati per i siti web migliori nel tuo segmento. Per farlo puoi utilizzare lo Strumento test per i dati strutturati.
  2. Prima gli articoli, poi le categorie che li contengono. Non mettere online il tuo progetto web con 10 categorie, 20 tag e 5 articoli. All’inizio concentrati sugli articoli e quando vedi che puoi creare raggruppamenti aggiungi le categorie. Gli archivi per tag inoltre sono trasversali a quelli per categoria, quindi vengono ancora dopo e solo se hai abbastanza articoli in categorie diverse che tuttavia sono accomunabili per un particolare che interessa al tuo pubblico di riferimento.
  3. Collega gli articoli del tuo sito web tra di loro, inserendo a mano link “contestualmente” al testo. Allo stesso modo non mostrare in sidebar gli articoli recenti o i più cliccati (a meno che non gestisci un giornale), ma quelli più pertinenti con la pagina stessa in cui ci si trova. Anche qui la scelta migliore, se possibile, è la correlazione manuale in sidebar mediante plugin come Contextual related posts

    Ottimizzazioni SEO per farsi capire da Google: collega i contenuti correlati

  4. Testo grande, grandissimo e con un buon contrasto. Link belli visibili. Fai conto che il tuo utente medio abbia una discreta miopia e gli occhiali in riparazione. Insomma, casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno e prudenza… sempre!
  5. Parla come mangi, scrivi come parli. A volte dico scherzosamente che la SEO copywriting è la morte della letteratura brillante… sono molto serio quando scherzo, quindi cerca di essere quanto più lineare possibile, britannico. Soggetto, verbo e predicato. Usa poche subordinate.

E se ti dicono che non sei abbastanza chiaro, non arrabbiarti. Fallo meglio.

E tu come aiuti Google a interpretare i tuoi contenuti?

Aspetto il tuo commento!

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Francesco: Sociologo, scrittore e musicista, Consulente SEO per aziende e formatore privato. Studio, sperimento e divulgo la mia passione attraverso il blog Seogarden.net . Le riflessioni sulla semantica applicata ai motori di ricerca sono al centro delle mie attività quotidiane.