Avete mai sofferto il blocco dello scrittore? Fa paura, vero? Le giornate si trascinano e non si scrive nulla. Siete bloccati perché non avete nulla da dire. Non è che il vostro talento vi ha abbandonato, è solo che la buona scrittura va nutrita, stimolata, alimentata.
Non vale solo per gli artisti, per chi scrive romanzi e sceneggiature. Anzi, nel caso di chi scrive contenuti per le aziende è ancora più complicato: perché per un content creator il blocco dello scrittore non è contemplato.
Sono proprio le deadline aziendali, spesso, a decretare chi è adatto a fare questo mestiere e chi no.
Perché un content creator, o storyteller che dir si voglia, è fatto al 40% di imprinting aziendale (capacità di scoprire valori e raccontarli, abilità nel trovare un tono di voce e una chiave efficace, bravura – ahinoi – nel destreggiarsi tra tool di ricerca e piattaforme), al 30% di creatività e quindi di studi “out of the box”, e al restante 30% di costanza, allenamento e perseveranza. Senza una di queste caratteristiche sarà molto difficile fare questo mestiere e molto semplice incappare in un blocco dello scrittore.
Aggiungete che il romanziere, di solito, si occupa di una sola (grande) opera alla volta, e ad essa dedica tutto il suo tempo e tutti i suoi pensieri. Un content creator invece deve spesso spaziare da un brand all’altro, da una tematica come quella dei viaggi a temi più corporate e istituzionali, ecco perché la più importante delle capacità, deve essere quella di ascoltare e scoprire dove sono nascoste le storie.
Dove sono le storie?
Le storie si trovano ovunque, e se un’azienda sostiene di non averne, vi invito a fare un lungo respiro e a rimboccarvi le maniche. Quello che ancora molte imprese non hanno capito è che le storie si possono anche creare a tavolino, che non vuol dire minimamente privarle della spontaneità ma essere autore di momenti determinanti. I fratelli Heath, autori di un interessante libro, sostengono che i “momenti che contano” (questo il titolo del libro)sono caratterizzati da quattro elementi:
- elevazione,
- intuizione,
- orgoglio,
- connessione.
Sono momenti che innescano emozioni positive e che le persone tendono a voler raccontare o ascoltare.
Avete mai sentito parlare del Magic Castle?
È uno degli alberghi più apprezzati di Los Angeles. Le valutazioni sono stupefacenti: in oltre 2900 recensioni pubblicate, più del 93% degli ospiti lo giudica "eccellente" o "ottimo".
Ma c'è qualcosa di strano nella classificazione dell'albergo: se scorrete le foto che si trovano sul web non direste mai: "Questo è uno dei migliori alberghi di L.A." Nel cortile interno c'è una piscina che si potrebbe definire olimpionica solo se le Olimpiadi si disputassero nel giardinetto di casa vostra. Le stanze sono antiquate, i mobili sono economici, e quasi tutte le pareti sono nude. Persino la parola "Hotel" sembra esagerata. È un Motel rispettabile, ma non è il Four Season.
Come fa ad essere uno degli alberghi più apprezzati di Los Angeles?
Molto lo deve al telefono color rosso ciliegia installato su un muro accanto alla piscina. Tiri su la cornetta e qualcuno risponde: "Hello, Popsicle Hotline".
Ordini e, pochi minuti dopo, un cameriere in guanti bianchi ti porta il tuo ghiacciolo alla ciliegia, all'arancia o all'uva sul bordo della piscina. Su un vassoio d'argento. Gratis.
E poi c'è il servizio lavanderia. Puoi far lavare montagne di roba senza spendere un centesimo. I tuoi capi ti vengono restituiti in giornata, avvolti in una carta da macellaio chiusa con lo spago e spruzzata di lavanda. Vengono consegnati con più solennità di quando il medico ti ha messo in mano il tuo primo figlio.
Le recensioni degli ospiti del Magic Castle Hotel sono entusiastiche. I suoi gestori hanno capito che per fare felici i clienti non devi preoccuparti di ogni minimo dettaglio. I clienti accetteranno piscine e camere modeste, a condizione che alcuni momenti siano veramente magici. Quando chiami la Popsicle Hotline è un momento determinante? In rapporto ad una vita, no di certo. Ma nel contesto di una vacanza lo è di sicuro. La conclusione è semplice: certi momenti sono molto più significativi di altri. Perché diventano storie da raccontare.
Chi ha scritto questa storia? Chi ha deciso che doveva essere quella da tramandare?
Probabilmente nessuno si è svegliato una mattina e ha pensato: “Ehi, scriviamo sui nostri social che da noi i ghiaccioli sono gratis!”. Probabilmente, la logica story-driven del Magic Castle punta sul fattore sorpresa, sul fatto di stupire con alcune azioni semplici ma a cui nessuno aveva pensato. Il content continuum che ne deriva (di cui parla Andrea Fontana nel suo libro "Storie che incantano") è spontaneo. Si propaga sui social network grazie alle stories postate su Instagram o con i tweet dei clienti, fino alle recensioni su Trip Advisor.
In questo contesto non conviene far sì che “i momenti magici” non siano frutto di estemporaneità, ma che siano attentamente pianificati? Perché sono questi momenti, quelli che il cliente ricorda. E per pianificarli al meglio conviene sempre partire dalle storie.
Quando lo storytelling funziona?
Esistono centinaia di casi come quello del Magic Castle, e tutti ci fanno pensare che i momenti “di tanto in tanto straordinari” non si dovrebbero lasciare al caso. Andrebbero pianificati accuratamente, con un adeguato investimento di risorse.
Sono picchi che andrebbero costruiti con la massima cura e con una logica story-driven. Farlo vuol dire aumentare le nostre possibilità di visibilità, posizionamento e valore.
È tutta umana la capacità di pensare contro ogni logica stringente. Immaginare, fantasticare, sognare e credere.
È alimentando questa capacità che si allontana il blocco dello storyteller e si creano, insieme alle aziende, grandi storie. Storie degne di essere raccontante.
10 consigli per fare storytelling
1. Imparate a cercare la storia: spesso in azienda si tende a raccontare gli avvenimenti in maniera cronologica, scomodando parole come mission e vision; ignorando che le storie si nascondono, magari, in avvenimenti che sembrano marginali.
2. Il manifesto dell'azienda: se doveste scrivere oggi un manifesto del vostro cliente cosa raccontereste? Provate a buttare giù 10-15 righe in cui i clienti, fan, fornitori e dipendenti si riconoscano. Mandate a memoria alcuni concetti e alcune parole, vi torneranno utili.
3. Scegliete le parole chiave, anzi le "parole mantra": non si tratta di semplici keyword, ma di concetti che all'interno dell'azienda devono tornare nelle presentazioni power point, negli speech, nei documenti interni. E ancora sui social network e in ogni materiale di comunicazione.
4. Rilevate attentamente valori e peculiarità dell'azienda e della marca.
5. Altrettanto attentamente rilevate valori e peculiarità dei pubblici e dei clienti.
6. Utilizzate un percorso di interviste interne all'azienda. Un percorso che preveda un'analisi dei materiali raccolti, un workshop di confronto strategico e una stesura di una brand narrative.
7. Costruite una brand narrative delineando il brand positioning di marketing e narrativo. Una narrazione, appunto, che comunichi valori, ambizioni e filosofia dell'azienda e delle persone che vi lavorano.
8. Prendete continuamente appunti: dai film, dai podcast, dalle sceneggiature teatrali. I canoni narrativi delle aziende non sono a sé stanti. Gli esseri umani hanno un assoluto bisogno di raccontare. Perché noi essere umani siamo le nostre storie e le storie hanno bisogno di essere raccontate.
9. Aprite il vostro sito (o quello del cliente) e fate questo esercizio: se questa mission fosse una storia coma la riscrivereste? E se questa news fosse una storia? Esercitatevi a riscrivere tutto in chiave narrativa.
10. Leggete. Leggete. Leggete tanto. E non solo libri di marketing.
E voi dove avete cercato le storie del vostro brand? Che racconto ne è venuto fuori?
Se vi va, raccontatemelo nei commenti.
Buono storytelling a tutti!